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Caso Livorno: “Neverending story” ed economia

LIVORNO – Una volta si diceva che i tempi della politica non riescono a stare dietro a quelli dell’economia. Oggi possiamo aggiornare il detto: i tempi della giustizia sono del tutto alieni da quelli dell’economia. Per chiarezza: non è una critica alla Giustizia, quella con la maiuscola. È una constatazione, che certo non fa bene né all’economia né al bisogno di avere sentenze in tempi compatibili con le imprese e il lavoro.

Dal generale al particolare: il caso Livorno, non solo con la decapitazione dell’Autorità di sistema ma anche con l’inchiesta aperta su imprenditori, armatori e terminalisti, rischia di diventare una “neverending story” con pesantissime conseguenze anche sull’economia e la credibilità del porto. Dice un vecchio proverbio: male non fare, paura non avere. Ma è difficile, anche ammesso di non aver fatto niente di male – come l’inchiesta in corso potrebbe, in teoria, appurare malgrado il pesante castello accusatorio – continuare a lavorare sapendo che per anni ancora imprenditori di primissimo piano per l’economia del porto avranno appesa sulla testa la pesante e non certo gratificante spada di Damocle. Sono fatti, non opinioni. Sperare in una giustizia più rapida possibile è solo utopia? Tra giudizi, ricorsi, gradi vari previsti dalle tutele, quando si avranno le conclusioni definitive?

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Certo, le accuse che sono scritte nell’ordinanza della Procura di Livorno sono pesanti, anzi pesantissime. Il dottor Marco Sacquegna, nell’accettare la richiesta del PM di sospensione da pubblici uffici per un anno di Corsini e Provinciali, ha respinto invece l’analoga richiesta per Gallanti e Paroli, che rimangono però invischiati lo stesso nell’inchiesta, insieme ad Ercoli di Seatrag, ai cugini Neri e a Baldissara di Sintermar. e Luca Becce per Tdt. E l’ordinanza ipotizza vari reati di cui sarebbero tutti più o meno “istigatori”. Il giudice ricorda che le indagini hanno ricevuto primo impulso da esposti firmati da Renzo Conti (LTM) e Fabio Selmi (Agemar) tre anni fa. L’incarico alla Guardia di Finanza è partito da metà del 2016 e il magistrato ha avuto anche una consulenza “tecnica” di un avvocato specialista di Napoli. Ci sarebbero stati, come è prassi, intercettazione telefoniche, controlli incrociati, interrogatori. L’indagine è tutt’altro che conclusa e da qui il timore che una “neverending story” si rifletta sulle potenzialità del porto.

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Resta in piedi il dubbio cardine, richiamato anche dalla recente nota di Conftrasporto (l’abbiamo pubblicata nel numero del 2 marzo) sulla inadeguatezza delle disposizioni ministeriali in fatto di concessioni temporanee e non sui porti. “È inconcepibile – ha scritto il vicepresidente di Conftrasporto/Confcommercio Paolo Uggè – che a distanza di 25 anni non sia stato ancora emanato il relativo regolamento previsto dalla legge”. Così ogni porto fa da sé con regole diverse, canoni diversi, possibili distorsioni, spesso con poca trasparenza. Da chiederci, ancora una volta: per chi suona la campana?

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
9 Marzo 2019

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