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L’estate del nostro scontento

ROMA – Bisognerà pur smetterla, una volta o l’altra, starsene sul pero a cinguettare che “bisognerebbe fare” oppure che “bisognerebbe avere”. E non parlo di giudizi negativi sulla classe politica o sulla grande burocrazia: ne circolano abbastanza per potermi esimere. Ma la presa di posizione, riportata qui a fianco, delle categorie che operano nella logistica in Confetra, una volta tanto spalla a spalla con le confederazioni sindacali, è finalmente qualcosa che assomiglia ad un ultimatum. Potremmo leggerla con una battutaccia: ministro, se ci sei batti un colpo. Mi dicono che Ivano Russo, dinamico direttore di Confetra, abbia spinto per scendere dal pero, ovviamente in piena sintonia con il presidente Marcucci, il consiglio e tutte le categorie.

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Nella lunga vita di questo giornaletto – ci siamo da oltre cinquant’anni – non ricordo un periodo di tale confusione di ruoli, di assalti alla diligenza all’interno del cluster logistico, e nello stesso tempo di pressoché totale assenza di governance centrale. Dal 1998 ad oggi si sono susseguite almeno due riforme ufficiali della portualità, più una mezza dozzina di aggiornamenti che non hanno aggiornato quasi niente; e di svariate dozzine di promesse per un “sistema dei sistemi” che è rimasto pressoché al palo. Le colpe? Un tempo si diceva: morirono fanciulle. Ovvero nessuno se le assume. Ma c’è un limite a tutto, compresa alla lunga, estenuante, mortificante attesa perché si stabilisca quali e dove grandi strutture debbano ripartire. Ora Confetra e i sindacati hanno rotto gli indugi. Non ci si dica che siamo alle soglie dell’agosto e…moglie mia non ti conosco. I tempi dell’economia non possono conoscere ferie. E che non sia, parafrasando il noto racconto di Steinbeck “l’estate del nostro scontento”.

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
6 Luglio 2019

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