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Nautica a gonfie vele dal Salone?

GENOVA – Si comincia domani, con grandi aspettative: perché il 59° salone internazionale della nautica, che si tiene nei padiglioni dell’Ente Fiera e nelle darsene dal 19 al 24 del mese, sarà ancora una volta la cartina di tornasole del Paese: dei suoi sogni in particolare, perché la barca, la barchetta, il gommone, il motoscafo, la vela eccetera, appartengono da anni a un mondo dei sogni che cozza quasi sempre con l’economia delle famiglie in costante disequilibrio tra aspirazioni e timori. Come sempre, il rullar dei tamburi di apertura sottolinea grandi aspettative: più di mille barche esposte, circa mille espositori, la rassegna più grande d’Europa, + 130% di vendite prenotate, crescita costante da anni. Saverio Cecchi, presidente di Ucina, e Carla De Maria, presidente del Salone, hanno sparso ottimismo a piene mani.

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Come sempre, parlare di nautica è generalizzare, spesso in modo pericoloso. La grande e grandissima nautica è quella degli yachts, che a Genova sono quasi tutti in acqua, e che non si vendono (salvo rarissimi casi) al salone. È un mondo a parte, che opera attraverso i grandi brokers internazionali e che interessa al grande popolo degli appassionati solo come curiosità, pur dando lavoro a migliaia di persone, in genere specialisti di ogni settore. Poi ci sono le barche e le barchette: ed è a quelle che il Salone dedica la parte davvero di richiamo delle migliaia di visitatori. Sia Cecchi che De Maria giurano che il mercato nautico è da almeno un paio d’anni in ripresa. E bisogna crederci. Solo che se facciamo un parallelo al mercato di dieci anni fa, sono davvero dolori. E la ripresa annunciata è una faticosa risalita dal fondo, quando si è arrivati a raschiare davvero i rimasugli del barile semivuoto. I tempi dei 40 mila fuoribordo (indice importante della piccola nautica) non sono tornati. I costruttori di gommoni si sono buttati sui “giga” da 100mila e più euro, visto che di “gommini” se ne vendono pochi e a prezzi della concorrenza cinese. La vela è un campo d’elite, dove è il charter (che comunque è almeno un buon richiamo) a smuovere il mercato. L’accessoristica è anch’essa legata alle vendite o ai refitting, e se la cava ma senza gradi exploit. Insomma, oggi come si dice in gergo, “il cavallo ha ricominciato a bere, ma a piccoli sorsi”.

Intendiamoci, la nautica è viva: e il salone di Genova conferma che malgrado le batoste, ha sette vite come i gatti. Ci sono comparti che coraggiosamente si sono lanciati sulle motorizzazioni elettrice o ibride, ci sono “marinas” dove il vecchio sistema di spennare la barca di passaggio è stato abbandonato a favore di creare dei veri e propri “agorà”, spingendo sulle comunità di passione, sui servizi, sulle offerte di club. Sono segni importanti, e la gente più avveduta li percepisce. Fioriscono, per la vela, le regate di club, che fanno da contraltare ai grandissimi eventi agonistici internazionali e mondiali. E che la Coppa America veda di nuovo una sfida italiana è un buon segnale, anzi ottimo. Se poi ci lasciassero godere in pace il nostro mare, senza ulteriori balzelli, senza continuare con le imposizioni assurde (la famosa zattera per i gommoni…), creando finalmente una rete di scivoli gratuiti per varare le barchette carrellabili (come fanno da tempo in Francia, in Spagna, in Croazia, in Grecia), calmierando i costi assurdi dei carburanti nelle isole, eccetera: se tutto questo venisse davvero preso a cuore, allora potremmo salutare il 59° salone nautico come quello della rinascita. Chiediamo troppo?

A.F.

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Pubblicato il
18 Settembre 2019

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