L’ANGOLO (del) MARITTIMISTA – Interventi infrastrutturali nelle concessioni al tempo del COVID-19

Luca Brandimarte
Il nostro collaboratore e avvocato Luca Brandimarte, junior advisor for EU and legal affairs anche in Assarmatori, affronta oggi il tema riguardante gli interventi infrastrutturali nelle concessioni.
ROMA – In questo numero della nostra rubrica, commentiamo oggi una recente sentenza del Tribunale Amministrativo della Regione Toscana dalla quale emergono nuovi ed importanti spunti aventi ad oggetto le “regole” che i terminalisti potranno seguire qualora decidano di realizzare opere sulle aree appositamente assentite in concessione.
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Come è noto, l’opportunità per i concessionari di beni demaniali di eseguire interventi infrastrutturali in aree portuali è legata, talvolta, ad esigenze di incremento e/o mantenimento dei rispettivi volumi di traffico ed è spesso soggetta a complessi iter amministrativi.
In questi casi, infatti, stante l’assenza di una specifica norma di legge che indichi la disciplina applicabile a tali fattispecie, le competenti Autorità di Sistema Portuale (“AdSP”) tendono (spesso) a richiedere ai concessionari l’applicazione dei principi in materia di contratti pubblici, mediante il ricorso a gare ad evidenza pubblica. Il tutto creando: (i) un appesantimento in termini burocratici dei relativi procedimenti amministrativi; (ii) molteplici difficoltà interpretative sulle modalità di svolgimento delle procedure di gara.
Il caso di cui alla sentenza in commento, prova a prendere una posizione differente rispetto al passato affermando che il soggetto concessionario che intenda realizzare opere portuali sul compendio assentitogli è sì soggetto ai principi pubblicistici vigenti in materia di contratti pubblici in sede di rilascio e/o rinnovo del titolo concessorio, ma non lo è per la stipula di contratti con soggetti terzi volta alla realizzazione di interventi infrastrutturali sul proprio compendio.
Ciò in quanto, secondo il TAR – che, nel caso di specie, accoglieva il ricorso di un concessionario il quale si vedeva negata, da parte dell’amministrazione del luogo in cui erano situati i beni assentiti, la possibilità di eseguire interventi su alcune strutture portuali, se non previa procedura di gara – in assenza di esplicite norme che impongano al concessionario il rispetto dei principi applicabili al settore degli appalti pubblici, questo potrebbe realizzare opere all’interno del proprio compendio senza ricorrere a procedure di gara.
Tale “nuovo” orientamento giurisprudenziale, sebbene il caso in questione sia ancora pendente, trova tuttavia la propria ragion d’essere: (i) in precedenti sentenze amministrative; (ii) in una recente pronuncia della Corte Costituzionale la quale ha precisato che le opere (di difficile rimozione) realizzate dal concessionario assumono natura pubblica solo alla scadenza della concessione e che il diritto sugli interventi realizzati è qualificabile come diritto di superficie.
Quest’ultimo profilo, inoltre, troverebbe conferma anche all’interno del Cod. nav. che, all’Articolo 41, permette al soggetto titolare di concessione demaniale, previa autorizzazione da parte della AdSP concedente, di costituire ipoteca sulle opere ivi realizzate.
In sostanza, dunque, al netto di tutto quanto sopra detto una cosa è certa: a prescindere dall’esito finale del giudizio della sentenza in commento, il tribunale amministrativo fornisce delle indicazioni importanti sulla realizzazione di opere da parte del concessionario di beni demaniali marittimi, specie nell’ottica di una semplificazione delle procedure durante la tanto auspicata prossima ripresa del settore marittimo-portuale, anch’esso fortemente colpito dall’emergenza epidemiologica da COVID-19 tutt’ora in corso.
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