Drass: “Nessuna sopravvivenza possibile”

Sergio Cappelletti

LIVORNO – L’ingegner Sergio Cappelletti è il presidente della Drass Underwater Technology and Defence di Livorno, con sede operativa in via Mattei 6 e altre all’estero, tra cui un forte impianto in Romania. Ha di recente vinto una gara per fornire alla Marina Militare italiana un apparato di soccorso per sottomarini in avaria ad alta profondità. Gli abbiamo chiesto un parere sulla sciagura del sommergibile indonesiano sparito al largo di Bali. Ecco l’intervista.

Ingegner Cappelletti, la sua azienda Drass, ex gloriosa Cosmos, è tra gli specialisti mondiali per i sistemi di salvataggio nei sommergibili e sottomarini ad alta profondità. Che può dirci del dramma del “Nangaala”?

“Difficile entrare nei dettagli delle possibili operazioni di salvataggio se non sappiamo ancora perché il mezzo sia affondato. Era vecchio e tutti i suoi apparati lo erano, quindi può esserci stata un’avaria che ha portato a un violento ingresso d’acqua e quindi all’affondamento. Si sono fatte anche cause, l’esplosione accidentale di un siluro, eccetera. Nell’un caso come nell’altro il battello è affondato e raggiunta la profondità di collasso della struttura resistente si è schiacciato. A quel punto sono morti tutti, se già non lo erano prima”.

Abbiamo letto che sarebbe su un fondale tra i 700 e gli 800 metri: possibile qualche sopravvissuto, magari per qualche ora, a quella profondità?

“Ritengo sia da escludersi per quel mezzo. Quel modello di sommergibile era collaudato, a nuovo, con margine di profondità di 240 metri: il che significa che la resistenza effettiva standard in genere viene garantita moltiplicando per due quella ufficiale, quindi a 460 metri. Per un battello di nuova costruzione possiamo aggiungere un ulteriore margine di qualche decina di metri ma non più. Il “Nangaala” era uno dei più vecchi sommergibili in servizio, escludo che potesse resistere a quelle quote, qualsiasi cosa fosse successo per portarlo così in basso”.

La sua Drass ha un record mondiale: quello di un apparato che riesce a portare aria fresca e estrarre l’aria viziata da un sommergibile affondato fino ad altissima profondità, dando così possibilità di sopravvivenza di giorni ad eventuali superstiti. In che consiste?

“Abbiamo brevettato un complesso apparato che, come riferisce lei correttamente, si collega dalla superficie al relitto fino a 600 metri di profondità, rifornendo l’eventuale settore ancora stagno di aria fresca, ed estraendo quella povera di ossigeno. Altre società hanno lavorato sullo stesso principio, ma non superano attualmente i 300/400 metri. Non è un intervento semplice, ma l’impianto Drass è ormai ampiamente collaudato”.

Ci sembra evidente che per i poveri marinai indonesiani non sarebbe comunque servito, alla profondità cui sono finiti, già schiacciati o affogati. Ma i sottomarini più recenti hanno margini più alti?

“Certamente si, anche se nessuno li ufficializza. Per i sottomarini nucleari si parla di quote di sopravvivenza di oltre 1000 metri, ma personalmente non mi piacerebbe provarci. Sono mezzi estremamente complessi, vere e proprie piccole città, con migliaia di apparati e impianti ciascuno dei quali può essere, in teoria, una causa di avaria. Hanno anche mezzi autonomi di salvataggio: insomma un altro mondo”.

Antonio Fulvi

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