Batterie innovative e meno care? In Sardegna nascono a CO2

CAGLIARI – L’anidride carbonica potrebbe finalmente avere la possibilità di diventare una soluzione della crisi climatica anziché una delle cause. Come? Secondo il sito “Rinnovabili” ad esempio attraverso l’innovativa “batteria alla CO2”, progettata e realizzata dall’italiana Energy Dome. Una soluzione all’avanguardia che potrebbe conservare l’energia a meno della metà del costo delle grandi batterie a ioni di litio. D’altra parte il biossido di carbonio, spiega l’azienda, costituisce il fluido perfetto per immagazzinare elettricità a costi contenuti. Rappresenta infatti uno dei pochi gas condensabili e conservabili come un liquido a pressione e temperatura ambiente.

La batteria alla CO2 – sottolineano gli ideatori – rappresenta un’evoluzione del cosiddetto Liquid Air Energy Storage (LAES), tecnologia che utilizza l’elettricità per raffreddare l’aria fino a quando non si liquefa. Per fornire energia, i sistemi LAES riportano l’aria liquida allo stato gassoso, utilizzando quel gas per far girare una turbina e generare elettricità. In questo caso l’impianto di base è simile ma la soluzione di Energy Dome consente l’accumulo ad alta densità senza la necessità di impiegare temperature criogeniche.

Il primo sistema di questo genere sorgerà in Sardegna con una taglia di 2,5MWe e 4MWh, ma sarà progettato per consentire future espansioni di capacità. “Questo progetto dimostrativo – spiega la società – è pensato per essere gestito commercialmente e generare entrate operando sui mercati dell’energia e dei servizi ausiliari”. La tecnologia Energy Dome offre prestazioni eccezionali, raggiungendo un’efficienza di “round-trip” (ovvero da energia elettrica ad energia elettrica). E un costo di stoccaggio livellato (LCOS) altamente competitivi per accumuli da 3 a oltre 16 ore.“L’impianto CO2 Battery Demo – conferma l’azienda – dimostrerà sia l’efficienza della tecnologia sia la capacità della tecnologia di fornire servizi energetici e di regolazione sulla rete elettrica, testando la tecnologia su scala rilevante e superando i rischi tecnici, che si riferiscono principalmente al rischio di integrazione dei componenti (TRL 9)”.

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