Ambientalismo, costi energia e realismo
Dal lettore Carlo Z. Di Savona riceviamo via e-mail una domanda che è di massima attualità proprio in questi giorni di preannunci per il caro-energia elettrica:
Mi potete spiegare voi perché il nostro Paese è l’unico o quasi in Europa che non utilizza le centrali nucleari per l’energia elettrica, ma importa proprio da chi le ha forti quantitativi di Kw a costi stratosferici? Se è un problema etico, ovvero di rifiuto di fonti considerate inquinanti, non dovremmo farne a meno?
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Caro signore, la domanda è semplice ma il tema è tra i più complessi. E con implicazioni non solo tecnologiche, ma più che altro politiche, come avrà letto dalle “bacchettate” che si è preso lo stesso ministro Cingolani (vedi la vignetta di QN) quando ha osato riproporre l’energia nucleare. Come dice giustamente lei, l’Europa (per parlare solo del nostro continente) ha circa 200 centrali nucleari in funzione, una dozzina delle quali a ridosso dei nostri confini (a meno di 200 km, fonte Enel). C’è stato, è vero, un referendum in passato, che sull’onda emotiva di Chernobyl ha votato a maggioranza il “niet” alle centrali nucleari, che pure stavamo sperimentando in piena sicurezza. Oggi anche la tecnologia si è evoluta, gli esperti dicono che c’è meno rischio in una centrale nucleare moderna che in una a olio pesante. E in quanto all’ambiente, i paesi che consideriamo all’avanguardia, compresa la Germania, vanno avanti allegramente a carbone, che addirittura importano.
Già, il referendum, ovvero la volontà popolare. Inutile ricordare che è roba di anni fa e che ci fu la grande paura della centrale ucraina saltata. Eppure di referendum ce ne sono stati anche altri (ricordate quello della responsabilità dei magistrati?) elegantemente ignorati o aggirati. Meglio non aggiungere altro. E solo sperare che alla fine questo nostro povero Paese esca dalla lunga fase che descriveva anche il nostro padre Dante: “Nave senza nocchiero in gran tempesta”.
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