Emissioni nocive, due mondi distanti
LIVORNO – Possiamo anche illuderci che, come scriveva Voltaire nel suo “Candide”, siamo nel migliore dei mondi possibili. Ma basta guardare la tabella qui allegata, che ha costituito argomento non contestato del vertice di Glasgow in Scozia, per capire che questo mondo è nettamente diviso in due: una parte che va – magari lentamente, ma comunque procede – sulla strada della diminuzione dell’inquinamento; un’altra che invece inquina a tutto campo, con una forte crescita delle emissioni, dovute anche all’aumento della popolazione, all’aumento della produzione, alle esigenze del terzo mondo di avere una qualità della vita migliore.
La domanda di questi giorni, rimbalzata su tutta la stampa mondiale, alla fine è la seguente: questi grandi vertici (COP26 è l’acronimo di Conference Parts 26) che durano come l’attuale una settimana, valgono da impegni mondiali o sono solo uno show di buone intenzioni? Da quello che si vede in questi primi due giorni, la conferenza è già monca, nel senso che mancano alcuni dei più importanti protagonisti del mondo che inquina: la Cina, in particolare per l’aumento delle emissioni, e il Brasile, per il delicato tema della deforestazione: per non parlare di altri protagonisti, minori ma non meno importanti.
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Cina e Brasile vanno dunque messi nell’elenco dei cattivi senza scusanti? Attenti: un recente rapporto non di parte sottolinea che se è vero che la Cina inquina più di ogni altra nazione, se si mette in rapporto la CO2 con il numero degli abitanti la Cina diventa una delle più virtuose: potenza delle distorsioni della statistica… Per quanto riguarda il Brasile, è vero che sta disboscando, ma non certo per divertimento o per cattiveria: il paese ha bisogno di nuove aree da coltivare, anche per dare da mangiare – produzione vegetale e animale – non solo ai brasiliani ma anche a mezzo mondo. E personalmente ricordo quanto mi disse trent’anni fa un ingegnere brasiliano in merito: “Voi europei fate presto a condannarci perché tagliamo un po’ d’alberi per sopravvivere – parlava mentre giganteschi bulldozer tiravamo giù alberi centenari – ma sempre voi nel passato avete totalmente distrutto le vostre foreste e adesso venite a dar lezione a noi…”
Siamo, in sostanza, di fronte a un problema storico: è l’uomo che deve sacrificare il proprio tenore di vita e di sviluppo per l’ambiente, o si può imparare a convivere con l’ambiente stesso, senza distruggerlo ma ricavandone quanto ci serve per il nostro “mondo migliore”? Aspettiamo la risposta da Glasgow entro la prossima settimana. Sapendo già che ci saranno tante buone intenzioni: ma anche che come diceva l’antico adagio, di buone intenzioni è lastricata la strada dell’inferno.
(A.F.)
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