REGGIO CALABRIA – La regione calabra adesso se ne vanta, e in sostanza ha ragione: nell’ambito della portualità italiana, lo scalo marittimo di Gioia Tauro, a lungo considerato una costosa cattedrale nel deserto, è oggi un gioiello in espansione. Con due “gioie” (e scusate il gioco di parole): le iniziative del Gruppo MSC e quelle del Gruppo Grimaldi rispettivamente per i traffici container e per quelli delle auto nuove. Entrambi i network stanno programmando ulteriori investimenti all’esame della Regione e dell’AdSP del presidente Agostinelli. E non si tratta di spiccioli: secondo le indiscrezioni che filtrano da Ginevra, sede di MSC, il gruppo starebbe investendo altri 250 milioni di euro per un parco riparazioni e manutenzione dei container, nuove gru di banchina e ulteriore informatizzazione.
Anche Grimaldi, con la sua divisione del trasporto auto nuove, potenzia: malgrado la pesante crisi del mercato dell’auto – le cifre delle vendite in Italia ma non solo fanno spavento – Grimaldi vuol farsi trovare pronto alla ripresa.
Solo gioie dunque?
Come dal nostro titolo, ci sono anche dolori. Nessuno ne parla sul porto, ma ci sono almeno un paio di punti dolenti nei programmi di entrambi i network (e Gioia Tauro ha il notevole vantaggio di avere solo due grandi operatori invece di decine e decine che si sbranano tra loro come per esempio Genova e Livorno):
- le aree che non bastano più (Aponte ne vorrebbe almeno altri 500 mila mq); e
- l’elettrificazione ormai al limite, che creerà problemi se arriveranno, come è previsto che arrivino, un altro pacchetto di mega-gru da banchina.
I problemi sembrano assolutamente non tecnici ma burocratici: ovvero i tempi per avere tutte le autorizzazioni, del tutto incompatibili con le esigenze del mercato. Malgrado la buona volontà generale, occorrono mesi per ciascun bollo.
Da mangiarsi le mani dalla rabbia.
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