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I porti restino pubblici

Alessandro Santi

ROMA – “Mi rifiuto di pensare che si possa anche solo ipotizzare una ben definita “privatizzazione” dei porti con il solo scopo di fare cassa”.

E Alessandro Santi, presidente della Federazione Italiana Agenti Marittimi (Federagenti) rincara in una sua nota che sta facendo il giro dei media: “I porti italiani (con tutti i loro difetti) e l’Italia meritano qualcosa di più in termini di politica e di strategia di sviluppo e deve essere affermata con chiarezza quale sia la strategia nonché gli obiettivi alla base di questo progetto, se di questo si tratta, di privatizzazione”.

Secondo Santi prima di pensare a una privatizzazione, come si starebbe ventilando in ambienti governativi “è indispensabile procedere per gradi e realizzare quella riforma dei porti della quale, dopo impegni iniziali, non si parla più da mesi”.

“Oggi – afferma ancora il presidente di Federagenti – si torna a parlare, e su questo ci trova concordi, di un soggetto centrale, in grado di progettare gli interventi nei singoli porti nell’ambito di una pianificazione e di una strategia nazionale. Si torna a parlare, o forse è giusto dire si tornerebbe a parlare, di una holding portuale nella quale, in teoria, dovrebbero entrare i soggetti privati, oppure, più credibilmente, di una trasformazione in SPA di alcune AdSP, previa acquisizione di azioni del sistema portuale italiano da parte di soggetti privati”.

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“Ma gli interrogativi senza risposte prevalgono: come a titolo di esempio quello relativo al rapporto fra un Ente centrale dei porti, una holding, e i numerosi soggetti privati che già gestiscono in concessione importanti terminal nei singoli porti, ingenerando potenziali conflitti di interesse; inoltre, l’eterogeneità dei sistemi portuali genererebbe problemi di potenziale emarginazione di un apprezzabile numero di porti (e delle Autorità che li governano) che oggi svolgono comunque funzioni anche territoriali importanti.

L’Italia è un Paese – continua Santi – dove il tanto agognato sistema di regolazione (basti pensare che la mancanza di un regolamento delle concessioni è diventato elemento di debolezza europea nel dibattito sul PNRR) fatica a prendere corpo con il rischio di compiere un salto in avanti senza aver preventivamente definito e costruito le basi per attuarlo. A nostro avviso, risulta per altro difficilmente applicabile la comparazione con il modello aeroportuale, comunque basato su concessioni, ma con effetti territoriali ed economici molto meno complessi e profondi di quanto non accada con i porti”.

“Detto che ritengo – conclude Santi – che le infrastrutture strategiche del Paese debbano essere sotto controllo pubblico e che per altro le privatizzazioni non hanno mai prodotto in Italia risultati entusiasmanti, il concetto del “prendi i soldi e scappa” svendendo quote della portualità, senza una precisa analisi sugli effetti economici e sociali di tale scelta, a mio parere ha scarsa credibilità e spero e credo, da operatore portuale, che le troppe voci circolate su questo presunto progetto di efficientamento siano preventivamente oggetto di analisi per evitare ulteriori perdite di tempo che si sommerebbero a quelle maturate in questi anni”.

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Pubblicato il
11 Settembre 2024
Ultima modifica
12 Settembre 2024 - ora: 07:45

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