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LIBRI RICEVUTI – “I greci, i romani e… il mare” di Donatella Puliga

(di Antonio Fulvi)

Edizioni Carocci

Sembra un piccolo manuale di circa 200 pagine: ma alla fine della lettura, ci sembra di aver visto per la prima volta il mare, quello vero che non è fatto solo di acqua salata, ma anche e specialmente di miti e di sogni.  Donatella Puliga, che ha scritto queste pagine con le profonde conoscenze del suo insegnamento di civiltà classica e letteratura latina all’Università di Siena, va a toccare le corde più poetiche dei racconti greci e latini sul mare: dalla nascita di Afrodite, la dea della bellezza, che sorge dalla spuma del mare per insegnare agli uomini l’amore passionale, a tutte le creature che popolano quel mondo allora inaccessibile che erano le profondità acquee. Vi si legge dei tritoni, delle ondine, ovviamente di Poseidone e delle sue gesta. Abbondano, ovviamente, le citazioni: da Omero a Lucrezio, da Seneca a Cicerone, da Archiloco a Vegezio, si trovano anche le origini di molti dei proverbi che popolano la nostra cultura. Con qualche dichiarazione apodittica, che sia pur filtrata dai secoli, lascia un po’ di perplessità. Come quella di Cicerone secondo il quale (ne “La repubblica”) scriveva che “Le città che si trovano sul mare hanno una certa tendenza a lasciarsi corrompere e a modificare i propri costumi per la mescolanza con nuove lingue e nuove culture, in modo che nelle istituzioni non resta niente di incontaminato”. Il mare dunque, come vettore di contaminazione, invece che di nuove conoscenze e di visioni allargate. Ancora: dall’orazione del condottiero britanno Calgaco di fronte all’invasione romana di Cesare con la grande flotta costruita in Gallia: “il mare che ci ha sempre difeso, adesso ci porta questi predoni: e secondo il racconto di Tacito:  “Là dove fanno il deserto, poi la chiamano pace”. A dimostrazione che cambiano i tempi, ma non gli uomini e le loro guerre. E ancora (Lucrezio, “La natura”) sul mare e le paure dell’uomo, profondamente terrestre. “È dolce, mentre i venti, sul mare infinito, sconvolgono la distesa delle acque, contemplare dalla terraferma la grande fatica di altri su una nave; non perché il tormento di qualcuno sia fonte di profondo piacere, ma perché è piacevole vedere da quali mali tu sei lontano”. E chiudo con questo piccolo gioiello di Sofocle:  “È dolce ascoltare, al riparo di un tetto, il rombo della pioggia e del mare con il cuore tranquillo”.

Pubblicato il
23 Novembre 2024
Ultima modifica
26 Novembre 2024 - ora: 13:35

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