Così la subacquea di Fincantieri Wass
TRIESTE – “Fino a poco tempo fa la subacquea sembrava per l’industria un tema un po’ futuristico. Ora l’underwater è un macro-trend di dominio pubblico, anche perché la minaccia più pericolosa viaggia sott’acqua”. Sono parole di Pierroberto Folgiero, ad di Fincantieri e tenace assertore del potenziamento della grande holding marittima navale nel mondo, in forte crescita ovunque, della difesa.
Cerchiamo di essere realisti: le guerre e le tensioni con immediati riflessi militari non sono solo quelle in Medio Oriente e in Ukraina. Un po’ in tutto il mondo ci sono scontri e si delineano conflitti, fondamentalmente legati a temi dell’economia ma anche a quelli razziali e di religione. Le due più grandi economie mondiali, quella degli Usa e quella della Cina, stanno velocemente potenziando i loro apparati militari, ma anche le medie potenze li seguono. E la stessa NATO, che negli ultimi tempi è sembrata più una tigre di carta che un vero e proprio baluardo reale in difesa dei valori dell’Occidente, ha avuto un ultimatum significativo dal neo-presidente degli USA, non disposto a sostenere da solo il ruolo di gendarme delle libertà.
In questo campo il mare sta tornando ad essere un teatro fondamentale non solo per i traffici marittimi, che sono le arterie vitali di ogni economia, ma anche e specialmente per la loro difesa. Lo si è visto dalla crisi del Mar Rosso, dove una componente nemmeno di alto livello come i ribelli houthi è stata in grado di mettere in crisi l’intero sistema internazionale della logistica marittima, richiamando – con successi solo parziali e intermittenti – decine di navi da guerra per la scorta dei mercantili.
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Per l’Italia il mare è, come noto, l’elemento più vitale e il mondo più determinante per il suo sviluppo economico, politico e anche culturale. Da quando Gneo Pompeo sosteneva che Navigare necesse, vivere non necesse, sono passati secoli, ma la sostanza (tolta la seconda parte del proclama, se me lo permettete) non cambia. Bisogna riconoscere che da qualche anno le nostre forze armate sul mare sono migliorate in qualità e stanno migliorando anche in quantità. Però siamo di fronte a una specie di obbligo internazionale, nelle alleanze di cui facciamo parte, per aumentare la quota di PIL in campo militare. Dovremmo addirittura raddoppiarla: il che, con tutto il rispetto verso i sognatori di un mondo ideale, comporterà scelte non facili e probabilmente non indolori. Come Fincantieri, con l’appoggio del governo nazionale, sta già facendo.
(A.F.)
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