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IL TOTO-NOMINE

Bussola per l’incredibile risiko delle banchine: fra faide, sgambetti e sorprese

LIVORNO. A Genova il presidente della Regione Liguria, Marco Bucci, per annunciare l’intesa sul nome di Matteo Paroli, non ha lasciato neanche che il ministro Matteo Salvini scrivesse i distinti saluti in calce alla missiva. Per accettare l’idea che l’uomo giusto per il timone dei porti di Livorno e Piombino fosse Davide Gariglio, avvocato torinese e ex parlamentare Pd, forse il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, ha messo un po’ più tempo. Poi si è deciso: in una dichiarazione al Tirreno ha confermato l’intenzione di dare l’intesa sul nome di Gariglio. Per essere precisi: «Ancora non ho ricevuto alcuna comunicazione ufficiale dal ministro, ma quando arriverà presumibilmente esprimerò l’intesa per Gariglio», queste le parole riportate dal quotidiano livornese.

Ora, si può dire che l’accenno alla tempistica della comunicazione ministeriale può essere vista come un prender tempo e c’è ancora la cautela di quel “presumibilmente”. Di più: da Firenze si rendono tutti gli onori possibili a Guerrieri e a quel che ha fatto per la Darsena Europa. Il punto però è un altro: se a pronunciare questa frase è il principale sostenitore del presidente uscente Guerrieri, ben se ne capisce il senso politico effettivo. Tradotto: Giani esce dalla trincea di Guerrieri e, pur senza sbracciarsi in entusiasmo per Gariglio, di fatto lo accetta e non si mette di traverso. Il decreto di nomina ha bisogno di altri giorni per essere messo nero su bianco (c’è anche il parere delle commissioni parlamentari di settore) ma davvero sarebbe un sorpresone se a questo punto Gariglio non avesse già un piede e tre quarti a Palazzo Rosciano, sede dell’Authority labronica.

Su fondino rosato i nomi dei designati in attesa di intesa da oarte delle Regioni, su fondino verde i nomi dei nuovi commissari

Non ci vuol molto a intuirlo e, anche se si fa peccato mortale a ricordarlo, la Gazzetta Marittima l’aveva segnalato. Il nome di Gariglio era fortemente sostenuto dallo stato maggiore nazionale del Pd: d’accordo, l’intesa al ministro Salvini deve darla il presidente della Regione Toscana e non la leader dem, però, siccome non si sa ancora chi candida il centrosinistra alle imminenti elezioni regionali, Giani era ovviamente in posizione di debolezza. Prima ancora che conquistare la conferma di Guerrieri, doveva conquistare la sua. L’avevamo messa giù così: «un presidente (Giani) in attesa di riconferma dovrebbe scontrarsi con i massimi dirigenti del proprio partito (Schlein) per far fuori un ex parlamentare del proprio partito (Gariglio) il cui nome è indicato da un ministro ruvidamente avversario (Salvini)».

Se poi si aggiunge che i dem, dai livelli territoriali a quello regionale, con le firme dei segretari Emiliano Fossi (Pd Toscana), Alessandro Franchi (Pd Livorno) e Simone De Rosas (Pd Piombino), hanno chiuso ogni dubbio: la scelta del nuovo presidente dell’istituzione portuale è «un atto importantissimo che il Pd, a tutti i livelli, sta seguendo con straordinaria attenzione». Non è più neanche una cosa da discutere: è dato per acquisito «l’arrivo di Davide Gariglio», al punto che gli si porge «il nostro più caloroso benvenuto» (anche perché lui è «una proposta di straordinaria qualità e prospettiva»). Come dire: non c’è neppure da suggerire a Giani di accettare l’intesa. Per l’intera gamma dei livelli Pd, Gariglio è un fatto già deciso e stop. Così come il ringraziamento al «presidente uscente Luciano Guerrieri per il grande lavoro svolto fin qui».

Per una volta il ministro Matteo Salvini non è la caricatura di sé stesso e dei suoi patatrac: anche se la bontà dell’intesa proposta (a Livorno-Piombino così come in altri quattro Autorità di Sistema Portuale) è frutto «anche del lavoro del viceministro Rixi»: è lui, il pragmatico leghista genovese, il vero interlocutore con il quale da sinistra si cerca un dialogo – come segnalato anche nel documento di tutti i leader della coalizione di centrosinistra che guida il Comune di Livorno (qui il link all’articolo della Gazzetta Marittima). Basti pensare alla questione dei 300 milioni di euro che nella precedente legislatura erano stati assegnati all’altra metà della Darsena Europa, cioè la realizzazione delle connessioni ferroviarie lato terra: vi aspettereste strilli e urla, invece se ne chiede il rifinanziamento ma come auspicio, in modo urbano.

Il presiddnte della Regione Tiscana Eugenio Giani a Livorno per un sopralluogo al cantiere dello scavalco ferroviario

Dunque, la novità è che sul fronte del porto il governo e le opposizioni potrebbero usare un registro differente dal solito tran tran: i partiti di governo che raccontano il Paese delle Meraviglie, quelli dell’opposizione che descrivono l’inferno. C’è un perché: il governo di destra ha da fare le nomine al timone di quasi tutta la portualità nazionale ma la legge  è tale che c’è bisogno del via libera della Regione competente per territorio. Cosa può succedere l’abbiamo sperimentato vent’anni fa: una babele di commissariamenti, impugnazioni di fronte alla Consulta, poteri dimezzati. Almeno finché non sarà ridisegnato tutto il quadro e il governo Meloni promette a breve una “riforma della riforma della riforma”. Resta il fatto che l’equilibrio ministero-Regione è scritto in Costituzione.

C’è da immaginarsi dunque una stagione diversa? Intanto, vediamo cosa accade davvero con l’infornata dei presidenti. Poi ci sarà da discutere della “riformona”: capire chi come cosa quando e soprattutto con quali poteri e quali soldi. Vedremo.

Ma, forse diversamente da quanto ci si potrebbe immaginare, il siluro a questo nuovo identikit dei ruoli fra maggioranza e opposizione arriva dall’interno del mondo di destra: gli dà voce nicolaporro.it, fra i più visti da chi ha l’anima a destra (più di mezzo milione di interazioni al mese, oltre 4 milioni di visite). Parla di «onda rossa sulle banchine»  con «i maggiori porti italiani vengono tranquillamente, in una inspiegabile continuità rispetto agli ultimi quarant’anni, consegnati come un pacco dono nelle mani del Pd». I cinque nomi dell’infornata dei giorni scorsi  sono dati come due Pd doc e il resto tecnici. Anche se poi basta leggere il testo dello stesso post per accorgersi che il nominativo per Trieste è un tecnico dato in quota Lega, a Taranto viene mandato un ex sindaco e ex presidente di Provincia forzista (benché si parli di Puglia in mano ai rossi…).

In testa alla classifica c’è Matteo Paroli che non Che Guevara bensì il viceministro Rixi, plenipotenziario leghista, ha voluto, fortissimamente voluto alla guida del porto di Genova. Ma poiché Paroli viene dal ruolo di numero due a Livorno (dove non si muove foglia senza che il Pd voglia): dunque per osmosi o contagio è ascrivibile al campo bolscevico o quasi. Salvo poi accorgersi, in un ulteriore pezzo, che Paroli è stato all’Authority di Ancona come uomo di fiducia al fianco dell’avvocato Luciano Canepa, stimato professionista sicuramente di destra. Più indietro negli anni, si potrebbe ricordare che era alla guida della “macchina” dell’ente portuale livornese nel periodo dei commissariamenti decisi dal ministro ex missino Altero Matteoli contro Regioni e istituzioni locali.

Il presidente dell’Autorità di sistema portuale di Livorno-Piombino parla con il viceministro Edoardo Rixi

Nel mirino anche Gariglio, e qui è facile tingerlo di rosso in quanto ex parlamentare dem. Ma comunista proprio no: è un cattolico democratico proveniente dalla Dc corrente Bodrato. La ragione qui forse sta altrove: di lui quel che può darsi a destra non vada giù è l’ “emendamento Gariglio” contro l’autoproduzione (che è traducibile come l’ok all’utilizzo anche di non portuali per le mansioni portuali).

Ma il bersaglio grosso delle destre è un altro ed è in casa: a destra si è messo nel mirino il viceministro Edoardo Rixi che è stato il regista di tutta questa operazione. Lo è stato fin dal giorno in cui è arrivato in visita a Livorno e ha detto: il coltello l’ho io dalla parte del manico, ma possiamo provare a dialogare.

In effetti, non dev’essere un caso se, dopo che il rischio di faide interne sulle nomine nella portualità era stato “addomesticato” prima dalla visita di Meloni alla Casa Bianca e poi dal lutto per il papa, l’infornata di nomine si è sbloccata giusto prima che questa tregua si esaurisse e le cannonate ricominciassero a tuonare. È una esigenza nata anche dal fatto che al congresso della Lega (7 aprile scorso) era diventata una richiesta politica il rimpasto per affidare a Matteo Salvini l’agognatissimo ministero dell’interno: ovvio che Rixi fosse ben consapevole che il suo castello di nomine nei porti fosse l’operazione più esposta a eventuali contrattacchi da parte degli alleati di governo che cominciavano a mal sopportare le pretese del Carroccio. Il risiko nei porti è fra le operazioni di potere la più importante in questo momento in mano quasi per intero alla Lega (e segnatamente a Rixi, che voleva portarla a casa anche nel nome degli interessi della “sua” Genova alle prese con una interminabile fase commissariale dopo la decapitazione dell’Authority).

Adesso non resta che l’altra metà dell’infornata di nomine: Rixi ha già dovuto affrontare la parte più spinosa, quella delle intese con buona parte delle Regioni in mano al centrosinistra. Anziché un Vietnam sembra abbia trovato trattative. Nel secondo round ha sul tavolo la “riformona” e le altre nomine: compresa quella di Cagliari dove dovrà vedersela con la presidente Todde, M5s alleata del Pd; compresa quella a Napoli, dove dovrà dialogare con il “governatore” De Luca, dem sì ma in rotta con i vertici del suo partito (e sul vassoio ha la possibilità di rifilare l’ultimo sberleffo ai suoi amici-nemici). Se ne vedranno delle belle.

Mauro Zucchelli

Pubblicato il
1 Maggio 2025
di MAURO ZUCCHELLI

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