Federlogistica: così l’ortofrutta made in Italy creerà valore e mercato
È il 18% dell’export agroalimentare del Paese

Davide Falteri
GENOVA. Davide Falteri, presidente di Federlogistica, lancia un guanto di sfida per rilanciare il settore dell’ortofrutta: lo fa a pochi giorni dalla chiusura di Macfrut. Con un obiettivo: grazie a «un attento processo di digitalizzazione», rendere competitivi anche comparti che in anni passati hanno dovuto fare i conti con assurdi sprechi (come nel caso delle arance siciliane nel “duello” con quelle spagnole).
Su cosa puntare? Primo: tracciabilità. Secondo: controllo del prodotto in ogni fase di trasporto e di magazzino. Terzo: possibilità di elaborare in tempo reale statistiche di mercato così da «individuare – viene sottolineato – i punti di criticità che impediscono al prodotto italiano, specie quello proveniente dal Mezzogiorno, di raggiungere i mercati e di essere competitivo».
Falteri guarda con forte interesse a «alleanze che traguardino obiettivi concreti»: da qui salta fuori l’idea che «questo settore sia maturo per un dialogo più costruttivo con Coldiretti e con i grandi mercati che inevitabilmente e fortunatamente stanno assumendo le caratteristiche di piattaforme logistiche». La digitalizzazione – afferma – crea «spazi di manovra sino a ieri inesistenti e la possibilità di integrare alla produzione e alla distribuzione un ciclo logistico caratterizzato da tracciabilità ed efficienza».
Il presidente di Federlogistica riprende anche i dati scaturiti da Macfrut e segnala che in Italia «l’ortofrutta oltre 17 miliardi di euro nella fase produttiva, ma sale a circa 60 miliardi in valore se si prende in esame l’intera filiera, dal seme alla tavola».
L’ortofrutta – afferma – rappresenta «oltre un quarto della produzione agricola nazionale (28%) e assieme alle conserve vegetali, contribuisce al 18% dell’export agroalimentare italiano. Complessivamente sono 300mila le aziende agricole del settore per 1,3 milioni di ettari». L’export lo scorso anno è arrivati a un niente da quota 6,5 miliardi (più 6,3%): è un dato che in valore raggiunge i 12,5 miliardi di euro se al fresco si aggiunge anche il trasformato, la tecnologia conservativa, la digitalizzazione e l’on time che ne deriva, sono fattori determinanti di successo.
«Ancora una volta e troppo spesso – conclude Falteri – le aziende, ma anche le associazioni che interagiscono su questo come su altri settori, non dialogano abbastanza: alla luce di quanto sta accadendo sul fronte dei dazi e delle Dogane, il dialogo con è più un optional, è un obbligo».