Per Gurrieri al timone del porto di Trieste, tutti d’accordo: eppure…
Fedriga auspica, Serracchiani (Pd) lo striglia: smettetela di litigare

Da sinistra: Massimiliano Fedriga (Lega), presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, e Debora Serracchiani (Pd), deputata
ROMA. L’impasse sulla portualità ha una declinazione tutta sua in Friuli Venezia Giulia: il presidente della Regione Massimiliano Fedriga (Lega) già da un mesetto buono ha accettato di buon grado l’indicazione del ministro Matteo Salvini, leader del suo partito, che per guidare l’Authority triestina ha indicato Antonio Gurrieri, attuale segretario generale. Così come per altri sistemi portuali, si assiste a un paradosso: diversamente dalle baruffe che fra opposti schieramenti politici scoppiarono in successione all’avvicendamento della prima generazione di presidenti di Authority attorno al 2004-2005 arrivando perfino a coinvolgere la Corte Costituzionale (caso Livorno), qui sui nomi c’è generalmente un clima d’intesa. Soprattutto, pare di capire – e qui il paradosso è doppio e fa una capriola – là dove c’è bisogno di un consenso bipartisan di centrodestra e centrosinistra.
Risultato: il leghista Fedriga si rivolge al leghista Salvini perché si arrivi a un nome su Trieste, Salvini effettivamente lo accontenta eppure tutto resta intrappolato nella palude. Adesso Fedriga riprova a rimettere in moto l’iter: ma lo fa limitandosi ad “auspicare” che Roma si muova.
A questo punto, sarebbe buffo dire che Debora Serracchiani, dirigente di primo piano del Pd, corra in soccorso di Fedriga. Lei è comunque una che il ruolo di presidente del Friuli Venezia Giulia lo conosce bene per averlo ricoperto dal 2013 per cinque anni. Ma più che dare una mano al “governatore” leghista, se la prende con questa “melina” interna al centrodestra. «Purtroppo non basta sperare ma si deve chiedere che finisca al più presto il tiro alla fune nel centrodestra, che ha bloccato nomine già acquisite da territori e categorie».
L’esponente dem dà uno scossone a Fedriga: «Non è genericamente al Parlamento che si deve rivolgere il presidente Fedriga ma al ministero delle infrastrutture e alle forze di maggioranza che stanno litigando sui posti. Noi continuiamo a essere a disposizione per agevolare la nomina definitiva dei nuovi presidenti, come abbiamo dimostrato ad esempio con il porto di Trieste che aspetta di ripartire».
D’altronde, Fedriga è alle prese con una situazione politica ancor più paradossale, e tre. Lasciamo stare per un attimo la storia della rimozione dell’impedimento del terzo mandato, altrimenti Fedriga deve lasciare la poltronissima di presidente di Regione Friuli Venezia Giulia. Il paradosso ulteriore sta nel fatto che è stato il fuoco amico a impallinarlo: il ministro Ciriani ha tirato una cannonata sulla sanità friulana, leghisti e dintorni hanno capito l’antifona intuendo che Fratelli d’Italia voleva aprire un fronte di scontro e hanno ritirato gli assessori. Tradotto: adesso Fedriga deve vedersela con l’auto-crisi decretata dai suoi fedelissimi per contestare Fratelli d’Italia mentre il porto di Trieste sogna non solo un presidente ma anche che la locomotiva tedesca ricominci a tirare.