“Tassa” sulle banchine congestionate, Assiterminal ribatte
«Siamo uno dei gangli, non la causa di tutte le disfunzioni»
GENOVA. «I terminal sono “uno” dei gangli della filiera logistica: che si tenda troppo spesso a individuarli come “la” causa di eventuali disfunzioni di sistema non ci sta bene». Assiterminal, organizzazione di categoria dei terminalisti, alza la voce di fronte al fatto che, «su iniziativa di alcune sigle del mondo dell’autotrasporto», si sta tornando a voler stabilire “multe” o “penali” «a carico della merce in considerazione di “ordinarie gravi criticità” riscontrabili nei “cicli operativi camionistici”».
La sigla di settore non nega l’esistenza del problema, rifiuta però di vedere le colpe da una parte sola e soprattutto non è d’accordo con il fatto che la soluzione possa stare in questi castighi.
«Vorremmo evidenziare intanto che la vicenda ci pare già disciplinata dalla recente introduzione della norma sull’ “extra-time fee” del Decreto infrastrutture»: detto per inciso, questa nuova norma – viene fatto rilevare – «necessiterebbe di alcuni accorgimenti per evitare rischi di incostituzionalità: motivo per cui abbiamo proposto un emendamento specifico».
Ma c’è dell’altro, a giudizio di Assiterminal: lo dice mettendo in rilievo che «le Autorità di sistema portuale ben possono adottare atti di regolazione e/o controllo finalizzati a garantire livelli di prestazione (dei committenti, dei vettori e dei terminal) nel rispetto delle norme sulla qualità della regolazione previste a livello Ocse e Ue». Cosa? A giudizio dell’organizzazione dei terminalisti, «l’attività regolatoria “dovrebbe” seguire un preciso iter che include:
- raccolta dell’esigenza («cosa che si può desumere dalle richieste delle associazioni di autotrasporto»),
- la verifica della sua oggettività e genuinità,
- l’esperimento di un’analisi di mercato volta a individuare la “distanza” tra l’esigenza e il mercato, «ordinariamente inteso come normale incontro tra “domanda e offerta” per ogni tipologia merceologica nel territorio di riferimento»,
- l’individuazione delle misure «volte a sanare la suddetta distanza (verifica di idoneità)»,
- la verifica di proporzionalità delle misure (ossia «assenza di misure alternative meno lesive della libertà d’impresa»).
Invece no, sbotta Assiterminal: «Non ci risulta che, ad oggi, la maggior parte delle Autorità abbia posto in essere l’adeguata istruttoria sopra descritta ed abbia intrapreso conseguenti azioni attraverso gli strumenti appropriati».
Quel che ne segue è il contrario di un modo di procedere ordinato per affronga
Notiamo invece il susseguirsi di iniziative sui singoli territori, frammentate se non a volte addirittura rivolte a specifici operatori; iniziative comunque unicamente focalizzate sulle dinamiche operative dei porti e non sulla filiera, con l’evidente rischio di strumentalizzazioni e di alimentare una non trasparente competitività del sistema nel suo insieme.
L’evoluzione dei “Pcs”, piattaforme di interscambio di informazioni e servizi (Port Community system) e dei sistemi di prenotazione degli “slot” utilizzati da buona parte degli operatori portuali – si afferma – consente «già oggi una pianificazione di ritiri e consegne al netto delle problematiche che l’autotrasportatore vive, sulla sua pelle, nell’intero ciclo del suo viaggio (rapporto e dinamiche negoziali tra committenza e caricatore, criticità infrastrutturali …)».
Assiterminal non sembra voler chiudere all’insegna della polemica né cercare un clima di scontro: «E’ ovviamente nell’interesse dei terminalisti che i flussi logistici siano ordinati e regolari». Per questa ragione Assiterminal, «come le altre associazioni del settore», vuole essere «un interlocutore sempre disponibile a migliorare fattivamente l’efficienza della logistica portuale, senza penalizzare l’utenza con ulteriori aggravi di costi, soprattutto in un contesto in cui gli extracosti sulla merce si sommano per motivi ben diversi dall’operatività portuale italiana».