Ingegneria elettronica, finalmente crescono gli studenti (più 17% in due anni)
I laureati in Europa sono il triplo che in Italia, migliaia di posizioni da coprire
ROMA. «Finalmente segnali positivi per l’ingegneria elettronica italiana»: a cantar vittoria è la Società Italiana di Elettronica (Sie), realtà associativa senza scopo di lucro che punta a promuovere le attività di formazione, ricerca e trasferimento tecnologico nel settore dell’elettronica (e, più complessivamente la cultura del settore). A motivare il sospiro di sollievo e l’esultanza è il fatto che si inverte la tendenza, «dopo anni di numeri in calo e preoccupazioni per il futuro del settore». La sottolineatura arriva ora, e non per caso: oggi 25 giugno a Napoli è stata messa in preventivo la 56a Conferenza annuale Sie 2025 con la tavola rotonda tra tutti i Presidenti delle principali società scientifiche del settore dell’Ict made in Italy.
Le cifre parlano chiaro: «Negli ultimi due anni accademici (dal 2022-23 al 2024-25) gli immatricolati ai corsi di laurea in ingegneria elettronica in Italia sono cresciuti mediamente del 17%. Un aumento che riguarda quasi tutti gli atenei, senza distinzioni geografiche o dimensionali, e che segna una inversione di tendenza significativa». In dettaglio: complessivamente si passa da 1.542 immatricolati nell’anno accademico 2022-23 a 1.803 nell’anno 2024-25 (e si tratta di «dati parziali raccolti dalla Sie, non comprensivi di tutti gli atenei, quindi la cifra reale è ancora più alta»). Tra gli incrementi più rilevanti spiccano: all’università di Bologna più 130%, in quella di Firenze più 73%, nell’ateneo di Padova più 65%, e poi a Catania più 46% e a Udine più 44%.
Paolo Pavan, presidente della Sie, si dice soddisfatto: «La campagna di comunicazione, informazione e sensibilizzazione che abbiamo ha avviato nel 2023 per far conoscere le opportunità e il valore sociale dell’ingegneria elettronica sta iniziando a dare i suoi frutti: i giovani stanno riscoprendo un settore chiave per il futuro dell’industria italiana e per le grandi transizioni tecnologiche e digitali».
C’è da esultare, ok: ma la strada da fare è ancora parecchia. E anche qui niente è più eloquente delle cifre: in questo tornante della nostra storia, a malapena l’1,5% dei laureati italiani proviene da discipline Ict (Information and Communication Technology), cioè informatica, piattaforme digitali, telecomunicazioni e gestione dati. la gestione dei dati e delle piattaforme digitali. Se pensiamo che la media europea è tre volte tanto (4,5%, dice l’Istat), si capisce come mai la Sie batta il tasto che «grave disallineamento» che nel nostro Paese si riscontra tra domanda e offerta di competenze digitali. L’Osservatorio sulle Competenze Digitali 2023 stima una carenza attuale di «oltre 175mila professionisti Ict in Italia».
Non basta: questo divario – viene fatto rilevare – è ancora più evidente nel settore dei semiconduttori: «Tra il 2017 e il 2023 i posti di lavoro disponibili sono aumentati a un ritmo medio annuo dell’11%, mentre il numero di laureati in discipline pertinenti è rimasto stabile». Di più: nel solo triennio 2021-2023 si stima «un deficit medio annuo di circa 3.800 posizioni non coperte (dati Decision Etudes & Conseil, Fondazione Chips-It).
Non c’è soltanto il bisogno di una comunicazione, di una “narrativa” diversa, come si direbbe ora: sono essenziali le sinergie locali tra università e industria. Vedi alla voce: Catania. L’esempio che arriva dalla città siciliana riguarda l’iniziativa “Catania Microelettronica 2025” e i premi di studio finanziati da StMicroelectronics che «stanno costruendo un ecosistema capace di attrarre giovani talenti, stimolare l’innovazione e rispondere alle esigenze delle imprese».
«Questi risultati ci motivano ad andare avanti su questa strada — aggiunge Pavan — ma siamo solo all’inizio. Per soddisfare la crescente domanda di ingegneri elettronici prevista nei prossimi anni, dobbiamo rafforzare ulteriormente il dialogo tra formazione, imprese e istituzioni, facendo rete su scala nazionale».