Il governo riapre la questione del nucleare, la Regione Toscana vota contro
Monni: «I piccoli reattori sono solo l’illusione di una scorciatoia»

Monia Monni
FIRENZE. Il governo mette sulla rampa di lancio la riapertura della questione dell’energia nucleare: a distanza di quasi quarant’anni dal pronunciamento contrario con un tris di referendum nel 1987 (con l’affluenza al 65% e gli anti-nucleari attestati fra il 70 e l’80%) e a poco meno di un quindicennio dal secondo round referendario (con i votanti al 55% e gli anti-nucleari al 94%).
L’atto formale di questa svolta è arrivata dalla Conferenza unificata Stato-Regioni-Enti locali: a maggioranza le Regioni hanno detto sì allo schema di legge delega con cui il governo Meloni vuol dare una sterzata in direzione di quella che viene definita “energia nucleare sostenibile”. La Regione Toscana è nel gruppo delle tre che hanno votato contro: le altre due sono l’Umbria (a guida di centrosinistra come la Toscana) e la Sardegna (al timone una presidente M5s alleata con il centrosinistra). Peraltro, anche le Regione che hanno optato per il sì al provvedimento del governo hanno chiesto un maggior coinvolgimento delle Regioni nel definire i prossimi passaggi.
La giunta toscane rivendica la propria scelta. Lo fa con l’assessora all’ambiente Monia Monni, che motiva così il proprio voto contrario in tale consesso: «Il governo parla di innovazione ma non cambia tecnologia. La proposta è sempre quella della fissione nucleare e presenta gli stessi problemi irrisolti: scorie radioattive da gestire per millenni, costi altissimi, tempi incompatibili con l’urgenza climatica, dipendenza dall’uranio, che spesso è di provenienza russa». E a chi le fa presente che ora si parla di piccoli reattori modulari, Monni ribatte: «Sono progetti, non soluzioni: alimentano l’illusione di una scorciatoia».
Al contrario, l’assessora tiene a indicare nelle energie rinnovabili la bussola che la Regione Toscana intende seguire: «L’unica via che dovremmo percorrere, sulla quale indirizzare risorse e studi, è quella della transizione ecologica. Invece la transizione verso le rinnovabili avanza senza un quadro normativo nazionale adeguato: il governo non ha costruito una regia pubblica, non ha offerto strumenti di pianificazione, non ha garantito equità. Ha lasciato tutto nelle mani del mercato e questi ha generato distorsioni, conflitti, sentimenti ostili nelle comunità».
Dopo aver sottolineato che la Regione Toscana sta «facendo il possibile, anche a livello normativo»: ma – avverte – manca la regia nazionale («e questo rallenta la transizione e rischia pure di renderla ingiusta»).
L’ultima sottolineatura, Monni la spende per dire che «il nucleare non è flessibile, non garantisce indipendenza, non si integra con le rinnovabili. Noi vogliamo l’opposto: una transizione governata, giusta, democratica che porti a un’energia pulita, non con le scorie».