Nell’addio di Agostinelli l’orgoglio per la rinascita di Gioia Tauro
Commiato fuori dagli schemi, il ministro invia Piacenza come commissario

L’ammiraglio livornese Andrea Agostinelli, per nove anni e otto mesi presidente dell’Authority di Gioia Tauro
GIOIA TAURO. «Anche nei momenti più bui (Covid, Ets, crisi del Mar Rosso) Gioa Tauro ha dimostrato una resistenza eccezionale e questo grazie ad armatori e terminalisti che hanno magnificamente messo a frutto gli enormi spazi portuali e le banchine così performanti del nostro porto», L’ammiraglio Andrea Agostinelli mette un po’ di “cuore” livornese nel messaggio del proprio commiato dal porto di Gioia Tauro che ha guidato per «nove anni e otto mesi», intanto che da Roma il ministro Salvini ha deciso di inviare nel sistema portuale gioiese l’avvocato Paolo Piacenza, ex segretario generale dell’Authority genovese.
A differenza degli altri commissariamenti, visti come una sorta di anticipazione dell’incarico da presidente, in questo caso il ministro non fa come a Trieste (dove ha inserito anche una data di scadenza): ma parla di «incarico commissariale di natura temporanea», indispensabile per «assicurare la continuità amministrativa e la piena operatività dell’Autorità fino al ripristino degli organi di vertice ordinari». La Regione Calabria è stata informata «nella stessa data del provvedimento», cioè a decisione presa: non si parla di una designazione come presidente sul cui nome chiedere consenso. Tutt’al più, il ministero ribadisce «il proprio impegno a garantire la continuità gestionale degli scali strategici per il Paese» e mette l’accento sulla «centralità del porto di Gioia Tauro nel sistema logistico e infrastrutturale nazionale». Tradotto: mani libere sulla scelta del futuro presidente, non è già stabilito che sia Paolo Piacenza.
Ma torniamo a Agostinelli e al suo discorso che non ha i toni della ritualità bensì di una appassionata rivendicazione del lavoro fatto dalla sua squadra: «Sono stati anni splendidi e solitari intervallati – aggiunge – da crisi drammatiche e primati commerciali, ma soprattutto caratterizzati da una ritrovata piena occupazione e da una produttività degna di porti situati ad altre latitudini».
Agostinelli, fin qui al timone del porto di Gioia Tauro e della Autorità di Sistema Portuale calabrese, lo rivendica senza rimarcare le cifre del boom: nel suo mandato i container movimentati a Gioia Tauro sono balzati da 2,5 a quasi 4 milioni di teu. Ma sull’orgoglio della rinascita, eccome se insiste: per dirne una, quando sottolinea le decine e decine di volte in cui ha sentito «il malcelato orgoglio di rappresentare questo porto e le sue maestranze, di essere il loro presidente, sulla scia dei risultati entusiasmanti che Gioia Tauro produceva, una crescita esponenziale dei traffici che dura da sei anni consecutivi».

Il porto di Gioia Tauro: quest’anno potrebbe superare la soglia record di 4 milioni di teu nella movimentazione container
«Ma ancora più emozionante – rincara la dose – è stato condividere le iniziali incertezze, le preoccupazioni, la macelleria sociale di 400 licenziamenti ed infine i sorrisi delle maestranze portuali che sono state il “motore” della rinascita, giustamente orgogliose di essere state artefici di tale successo, unitamente ad un programma di finanziamento privato ma anche pubblico imponente ed interamente realizzato».
Il riferimento è alle «nuovissime gru, al gateway ferroviario e alla banchina Eranova di ponente, solo per fare qualche esempio: ma anche allo splendido lungomare del Portovecchio di Crotone e agli avveniristici nuovi alloggi consegnati alla Guardia Costiera di Gioia Tauro». Ricorda anche il «privilegio indimenticabile» di aver avuto a che fare con imprenditori come «Gianluigi Aponte e la famiglia Grimaldi, ma anche Filippo Callipo» («la sinergia con tali operatori di livello mondiale è stato il segreto del successo di questa avventura»).
Occhi puntati sul modo con cui questo militare toscano si è sentito di aver contribuito, nelle «centinaia di storie individuali» che ha ascoltato in questi anni, ad alimentare il “fuoco” della «voglia di rimanere in Calabria» con un porto che si faceva emblema delle aspettative di riscatto sociale ed economico di una intera regione («non a tutti abbiamo potuto dare le risposte attese, ma oggi il porto costituisce una splendida realtà produttiva e attende ormai da tempo che il più esteso retroporto italiano possa percorrere la stessa strada virtuosa»).
Agostinelli non cincischia anche quando deve prendere di petto qualcosa di complicato nella terra della ‘ndrangheta. «Se è vero che la costruzione originaria del porto arricchì enormemente le ‘ndrine locali, le opere pubbliche edificate negli ultimi 10 anni – dice l’ex presidente – proiettano Gioia Tauro in un futuro fatto di lavoro “buono”, di sviluppo e di sostenibilità». Aggiungendo un’accoppiata di sottolineature: 1) «nei porti del tanto decantato Nord Europa sbarcano quantitativi di cocaina infinitamente maggiori, nel silenzio di tutti»; 2) «se leggete il report annuale della associazione “Libera”, scoprirete che Gioia Tauro non guida la classifica dei porti nazionali infiltrati dalla malavita».
«La legalità, la trasparenza e la correttezza amministrativa – ribadisce l’ammiraglio – hanno sempre costituito la nostra stella polare: a noi la ‘ndrangheta ha fatto schifo davvero», è quasi un grido il suo quando rivolge «al governo nazionale e a quello regionale» la «pressante raccomandazione di tutelare maggiormente un “unicum” così peculiare, un gioiello del nostro Meridione che ha progetti e potenzialità per raggiungere traguardi sempre più ambiziosi». C’è bisogno di andare al di là degli slogan, dunque «per mantenere e magari promuovere Gioia Tauro nell’attuale ranking dei porti del Mediterraneo servono investimenti: cospicui ma non ciclopici, e l’Autorità di Sistema non potrà affrontarli da sola, nei cinque porti della sua giurisdizione».
Agostinelli puntualizza: «Non serviranno nuove dighe e nuove darsene, quelle le abbiamo già, nuove e perfettamente performanti, insieme con i nostri fondali profondissimi»: semmai magari «l’ineludibile allargamento della imboccatura portuale o una finalmente veloce infrastruttura ferroviaria che colleghi passeggeri e merci con il resto del Paese».
Nel discorso non mancano i ringraziamenti a quanti hanno aiutato questo percorso: a cominciare dalle forze dell’ordine e dalla Agenzia delle Dogane e Monopoli. Ma soprattutto alla «abnegazione dei miei collaboratori che, in così pochi, hanno permesso di concretizzare il miracolo quotidiano di pratiche tempestive e ben fatte, nonché di bilanci cristallini. A Michele Albanese, Aldo Alessio, Agostino Pantano, Giuseppe Smorto e Andrea Tripodi, rigorosamente in ordine alfabetico, gli irriducibili sognatori che hanno custodito le mie ansie e condiviso i successi del porto». Infine, l’abbraccio «alla mia famiglia, che ha sopportato la mia assenza per dieci lunghi anni».