«Niente donne nel toto-nomine, chiediamo le “quote rosa”»
La strigliata di Costanza Musso, presidente di Wista

Wista durante la visita al porto di Catania
GENOVA. «Servono le quote rosa nei porti italiani per vedere una donna presidente di Autorità Portuale?». Non potrebbe essere più pungente, ironico e amaro il titolo che dà alla propria lettera aperta Costanza Musso, presidente di Wista, l’organizzazione delle donne protagoniste nel mondo marittimo-portuale. Prende le mosse dalla “fotografia” di una situazione: «La tornata di nomine di questi giorni alla presidenza di 14 delle 16 Autorità Portuali, nonostante numerose e qualificate candidature femminili, non vede al momento donne scelte per queste posizioni di comando». Niente di nuovo sul fronte del trasporto marittimo, è il suo commento: è vero che sulle banchine la presenza femminile è a malapena al 6% ma nelle Autorità Portuali si registra una situazione di eccellenza, visto che le donne sono «il 46%, pari a circa 700 unità, con il 47% di donne quadri e il 31% di dirigenti».
Eppure – torna a ripetere la numero uno di Wista – nell’arco di trent’anni, nella governance «abbiamo avuto solo due donne presidenti e sei segretarie generali a fronte di circa 300 nomine complessive». A giudizio di Musso, «si può fare di più e lo abbiamo chiesto in modo accorato quando, a marzo, siamo andate a presentare, a Montecitorio, ospiti del presidente della commissione trasporti, Salvatore Deidda, il libro per il trentennale di Wista Italy “Donne sul ponte di comando”».

Copertina del libro pubblicato da Musso sulla presenza di donne nei porti
Le nomine al timone delle istituzioni di governo delle banchine hanno «anche un valore simbolico», dice Musso: ed «escludere le donne dai vertici delle autorità portuali consolida stereotipi e barriere culturali che da decenni Wista Italy, l’associazione delle donne del trasporto marittimo che oggi presiedo, combatte». Non sono le competenze che mancano, quel che latita è la volontà: lo «dimostrano i dati», sottolinea l’esponente di Wista («e c’è anche la voglia di fare la nostra parte e metterci in gioco per contribuire alla crescita del settore dei porti anche con un’impostazione complementare a quella maschile»).
Musso si augura che possa arrivare una smentita «con le ultime nomine ai vertici delle Autorità Portuali attese nei prossimi giorni perché l’assenza totale di donne a capo delle autorità portuali non è solo un problema di parità di genere: è un problema di crescita e sviluppo del settore». Aggiungendo poi: «Le competenze oggi non hanno genere ed escludere metà della popolazione dai luoghi decisionali ha un impatto negativo sulla qualità stessa delle istituzioni e priva il paese di risorse fondamentali per la crescita».
La lettera aperta prosegue mettendo in evidenza che «negli ultimi anni si sono fatti passi avanti per promuovere l’inclusione e l’uguaglianza tra uomini e donne nel settore portuale». Ogni riferimento alla forte presenza di donne all’interno delle Autorità portuali, e anche con rilevanti responsabilità, non è puramente casuale: «Molte aziende e istituzioni – afferma – stanno adottando politiche per favorire la partecipazione femminile, come programmi di formazione dedicati, iniziative di “mentoring” e misure per garantire pari opportunità di carriera». A ciò si sommi l’«introduzione di protocolli volti a mettere a disposizione delle lavoratrici e dei lavoratori un ambiente in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali basate su uguaglianza e reciproca correttezza, anche attraverso forme di collaborazione per il superamento di eventuali situazioni discriminatorie di genere, individuali e collettive».

Costanza Musso, presidente di Wista Italy
Ma nell’opinione di Musso tutto questo non basta: «Evidentemente permane il tetto di cristallo che impedisce alle donne di accedere a ruoli di leadership. Promuovere la parità di genere nei porti italiani significa lavorare insieme per creare un ambiente più equo, inclusivo e rappresentativo di tutte le persone che contribuiscono al settore con l’obiettivo di non pregiudicare il curriculum di nessuno, puntando invece sull’efficienza di ruolo».
Se davvero il settore non riesce da solo a raggiungere una situazione di parità (e qui torna a ribadire che in trent’anni si sono contate sulla punta delle dita le donne arrivate a ricoprire il ruolo di segretario generale o di presidente), allora non resta che «cambiare le regole per accelerare questo cambiamento». Come? «Chiediamo le “quote rosa”, anche nei porti italiani: cioè misure volte a garantire una rappresentanza minima delle donne attraverso obblighi di percentuale o posti riservati, in modo da mettere a sistema un nuovo paradigma culturale».
«A noi le quote rosa non piacciono ma – avverte Musso – sono innegabilmente un acceleratore importante basti pensare che nelle aziende di grande dimensione, dove sono state adottate come obbligo di legge, hanno portato la componente femminile nei consigli d’amministrazione dal 7% al 44% in 10 anni e a risultati aziendali migliori misurati in modo tangibile». Da Wista arriva un appello indirizzato alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al ministro Matteo Salvini, al governo, alle commissioni preposte e alle Regioni competenti: «Bisogna cambiare rotta».