L’Italia è un gigante nell’economia ma uno gnomo nella logistica, parola di Uggè
Il nostro Paese solo al 19° posto nell’indice di settore, «e non ci sono miglioramenti»

Il traforo del Monte Bianco
ROMA. Siamo solo al 19° posto nel “Logistic Performance Index”. È così da anni «senza alcun miglioramento», e questo vuol dire solo una cosa: «Il nostro Paese resta indietro rispetto agli altri Stati europei, nonostante i mercati cambino e i flussi internazionali evolvano». Torna alla carica Paolo Uggè, leader storico dell’autotrasporto italiano e presidente di Fai Conftrasporto: aprendo il convegno dedicato ai nodi intermodali e alle nuove infrastrutture non ha fatto mistero del fatto che «manca una politica dei trasporti chiara e strategica».
E qui rispunta un cavallo di battaglia di Uggè: la gestione dei valichi alpini è rimasta troppo spessa lontano dall’attenzione che servirebbe (eppure dai valichi alpini passa «l’87% dell’interscambio con l’Unione Europea», e più di due terzi di questo flusso (68% del traffico) «passa su strada: se questi percorsi non funzionano, è l’economia italiana che ne paga le conseguenze». Uggè li mette in fila così (senza contare che il Frejus ha dimostrato con le sue chiusure più di una fragilità nel reggere l’impatto del flusso di merci e persone):
Il Brennero: «subisce blocchi unilaterali da parte dell’Austria, e solo recentemente il governo ha agito in sede europea»;
Il traforo del Monte Bianco: «sarà chiuso per tre mesi consecutivi per i prossimi 18 anni, con il rischio di paralisi per il traffico del Nord Ovest e i porti liguri»;
Il Gottardo: «In Svizzera nuove restrizioni ferroviarie dopo l’incidente del 2023 rallentano l’accesso ai mercati europei».
Uggè ricorda che «negli anni 2000 avevamo avviato la Consulta del trasporto e della logistica»: era «luogo di confronto tra imprese, istituzioni e mondo produttivo per definire una strategia condivisa», ha ricordato Uggè. «Purtroppo, fu chiusa dal governo Monti interrompendo un dibattito che avrebbe potuto essere fondamentale per il Paese». Aggiungendo poi: «L’ultimo “piano generale della logistica” approvato dal Cipe risale a quegli anni, e da allora nessun governo ne ha adottato altri».
Il numero uno di Fai Conftrasporto punta l’indice accusatore anche contro l’inadeguatezza della rete stradale verso porti e interporti: «È congestionata, con ritardi superiori ai 30 minuti in gran parte del Paese. Alcuni porti principali come Gioia Tauro, Genova, Napoli e Trieste sono saturi, mentre altri restano praticamente inutilizzati, come Taranto e Cagliari».
A ciò si aggiunga che, sul fronte del trasporto ferroviario, «i servizi internazionali crescono» mentre «in ambito nazionale è in crisi da anni». Tutto questo dimostra che «non basta ammodernare singoli segmenti della rete: serve una visione complessiva e strategica», parola di Uggè che invoca «una strategia nazionale ed europea» perché «le infrastrutture da sole non bastano». A suo parere, è indispensabile «sviluppare l’intermodalità, aumentare l’accessibilità e garantire la libera circolazione delle merci e delle persone: senza una governance chiara, gli investimenti rischiano di essere inefficaci».
Il leader storico dell’autotrasporto torna con la memoria a dieci anni fa e alla presentazione del dossier sull’ “Italia Disconnessa”: «Oggi connettere il Paese resta una priorità: è il momento di superare slogan e burocrazia, e di agire concretamente, rimettendo in discussione processi decisionali come il “Protocollo Trasporti” della Convenzione delle Alpi». Non dimentichiamolo, l’economia italiana «dipende dalla capacità di trasportare merci e persone in modo efficiente».