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CONFERENZA

Più attenzione alla parità di genere, ora l’Authority livornese ci crede davvero

Idea: facciamo decollare una rete mediterranea di porti inclusivi

I relatori convegno parità di genere

LIVORNO. Le donne rappresentano il 22% della forza lavoro nei trasporti dell’Unione Europea: nel comparto marittimo-portuale però non arrivano nemmeno a quota 20% e se guardiamo agli ambiti operativi e tecnici le percentuali scendono ai minimi. Di più: a bordo delle navi le donne sono attorno all’un per centi e nelle imprese portuali italiani non si raggiunge la soglia dell’8%. La fotografia l’ha scattata Antonella Querci, presidente del Comitato Unico di Garanzia (Cug), l’organismo dell’Autorità di Sistema Portuale che, con funzioni consultive e propositive, opera per promuovere pari opportunità, benessere lavorativo e alla prevenzione delle discriminazioni nei luoghi di lavoro.

L’occasione è stata la conferenza dal titolo “Porti inclusivi del Mediterraneo: strategie per la parità di genere nel sistema portuale”, organizzata a Livorno al Palazzo del Portuale. L’assise ha offerto l’opportunità di proporre la creazione di «una rete mediterranea per la parità di genere»: l’idea l’ha lanciata l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale.

Se le percentuali sulla presenza femminile nei luoghi di lavoro sono  «a tinte fosche», è vero però che fanno da contraltare «i dati positivi sul buon livello di “empowerment” femminile raggiunto nella dimensione istituzionale: nell’ambito dell’European Sea Ports Organisation (Espo), l’organizzazione di categoria che raggruppa le istituzioni portuali di tutto il Vecchio Continente, «quasi la metà dei professionisti che partecipano ai comitati tecnici sono donne, e porti come Barcellona hanno superato il 30% di presenza femminile, con picchi più alti nei settori non operativi». Ad esempio, nella stessa Authority del Nord Tirreno le donne «rappresentano circa il 46% della forza lavoro complessivamente impiegata».

La conferenza ha visto la presenza di relatori come Isabelle Ryckbost (segretaria generale di Espo), Tiziana Murgia (responsabile della prevenzione della corruzione di Assoporti), Carlien Scheele (direttore dell’European Institute for Gender Equality).

Bisogna dar vita a «strumenti concreti, monitoraggi comparabili, reti di cooperazione» che siano in grado di tramutare «le buone pratiche in cambiamenti reali», com’è stato detto. Nasce da qui l’intenzione dell’istituzione portuale livornese di presentare «una proposta di progetto europeo dedicato alla creazione di un network mediterraneo di porti impegnati su certificazione e politiche di equità di genere». Obiettivo dell’Authority di Palazzo Rosciano: mettere in piedi un’ “alleanza” di porti inclusivi così da spingere perché, da un lato, le donne abbiano accesso a «un ventaglio ampio di competenze» e, dall’altro, i porti possano contare su «uno strumento per rafforzare relazioni commerciali e istituzionali più stabili e innovative».

«Il Mediterraneo – queste le argomentazioni di Querci – è da sempre mare di scambi, ponte naturale tra continenti, culture e sistemi produttivi. Oggi, con la crescita della “blue economy”, diventa il luogo ideale per sperimentare nuove forme di cooperazione inclusiva». Aggiungendo poi: «I porti mediterranei hanno  di fronte una responsabilità e un’opportunità: trasformare la parità di genere in fattore strutturale di innovazione».  È questa – viene fatto rilevare – la sfida dei porti inclusivi del Mediterraneo: «Costruire reti che uniscano persone, competenze e visioni, e fare dell’inclusione una rotta comune verso il futuro».

L’inclusione è stata sotto i riflettori del convegno, che ha visto protagonisti operatori, rappresentanti delle istituzioni e del mondo associativo. In apertura di convegno è stato il commissario straordinario dell’Authority di Livorno-Piombino, Davide Gariglio, a indicare come il settore portuale e marittimo europeo stia vivendo una fase di profonda trasformazione. «L’innovazione tecnologica, la transizione energetica e la digitalizzazione stanno ridisegnando la vita portuale, ampliandone funzioni e competenze ben oltre i confini del nucleo  tradizionale. In questo scenario, la valorizzazione delle presenze femminili diventa non solo un tema di giustizia sociale, ma una leva strategica di competitività e innovazione». L’ha ripetuto mettendo l’accento sul fatto che «c’è ancora molto da fare ma i cambiamenti sono ormai in atto». Occorre stimolare l’arcipelago delle realtà imprenditoriali portuali sul tema dell’equità sociale e soprattutto occorre fare buona formazione: bisogna «investire sui giovani, sulle nuove generazioni perché siano educate alla cultura del rispetto».

Il sindaco di Livorno, Luca Salvetti, mette sul tavolo le due facce della medaglia: per un verso, ecco gli ostacoli che impediscono il pieno coinvolgimento delle donne nel mondo lavorativo portuale (conciliazione tempi vita-lavoro; scarsa rappresentanza, limitato accesso alla formazione); per un altro, ecco le opportunità dettate dal cambiamento (tecnologia e innovazione, progressiva acquisizione di importanza delle professionalità amministrative e tecniche, sicurezza ambientale e sostenibilità «che ha nel riferimento al mondo femminile una possibilità di sviluppo»).

Salvetti rivendica a Livorno il ruolo di apripista sul fronte delle “buone pratiche” e affida all’Authority il compito di essere «una leva decisiva per la creazione di una società più equa e inclusiva». Lo sottolinea ricordando che la presenza femminile è un elemento trainante anche nel Comun («è costituito da donne il 70% dei dipendenti comunali»): il Comune – parola di sindaco – funziona meglio «laddove l’esperienza femminili emerge in maniera chiara».

Per Maria Grazia Maestrelli, consigliera regionale per le pari opportunità, i cambiamenti dettati dall’innovazione tecnologica, da quella digitale e dalla sostenibilità sono «l’innesco di processi capaci di generare una maggiore parità di genere». Tutto ok, dunque? No, perché permangono criticità sul come e sul quando: non si chiudano gli occhi sul fatto che «nella nostra bella Toscana» sono presenti aziende che «consigliano alla donna di lasciare il lavoro non appena rimangono incinte». A ciò si aggiunga che le molestie sono «ancora molto diffuse» («non soltanto quelle sessuali ma anche quelle di altro tipo, più difficili da individuare»).

Come dice la vecchia canzone inglese, è ancora lunga la strada per arrivare a Tipperary, ma l’Authority livornese tiene a ribadire di averla imboccata «con convinzione», facendo della parità di genere un attore  rilevante della propria strategia di sostenibilità («e acquisendo nel marzo scorso la certificazione di qualità sulla parità di genere, «la prima mai ottenuta da una Autorità Portuale»).

A questo punto, non c’è scelta: bisogna “solo” «andare avanti». A conclusione dei lavori, da Palazzo Rosciano è stato annunciato il via a un nuovo percorso per la costruzione del “Patto per la parità di genere del Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale”.  Scopo dichiarato dell’Authority e del Comitato Unico di Garanzia: anziché un semplice documento di principio, meglio farne un processo partecipativo capace di incidere concretamente sullo sviluppo portuale e territoriale. Con una bussola specifica; è indispensabile affrontare questioni di welfare per la conciliazione vita-lavoro, definendo programmi di formazione e “mentorship” per «aprire alle donne le nuove professioni portuali, promuovendo una governance che integri stabilmente la prospettiva di genere nelle scelte strategiche».

Querci tira le fila così: «Il “Patto” potrà diventare la base di un osservatorio europeo, uno strumento che ci consenta di monitorare l’evoluzione del settore, di condividere dati e di valorizzare i porti che fanno dell’inclusione una vera leva di crescita».

Pubblicato il
7 Ottobre 2025

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