Taranto, il numero 2 di Yildrim da Salvini per parlare di eolico e dragaggi
Il problema del rilancio di un porto che aveva sognato in grande

Matteo Salvini con Erhan Ciloglu, gruppo Yildrim
ROMA. Taranto non è solo il caso spinosissimo del polo siderurgico Ilva: anche il porto deve conquistarsi una nuova prospettiva, dopo che nello scorso decennio da 600-700mila teu di anni come quelli dal 2009 al 2011 la movimentazione container è crollata a zero a fine decennio, dal 2017 in poi. E zero non è un modo di dire: proprio zero. Salvo poi, paradossalmente proprio negli anni bui del Covid, rialzare un po’ la testa e totalizzare un flusso di qualche migliaio di container, fino ad arrivare a 40mila teu nel 2023 e a 16mila lo scorso anno.
Nel frattempo è sbarcato a Taranto il gruppo terminalistico turco Yildrim/Corez per cercare di far rinascere uno scalo che, negli anni dell’alleanza Hutchinson-Evergreen, aveva sognato addirittura i 2 milioni di teu. È per questo motivo che il vicepremier Matteo Salvini, titolare della delega ministeriale alle infrastrutture e ai trasporti, ha avuto a Roma un faccia a faccia con il vice-amministratore delegato del gruppo, Erhan Ciloglu.

Il porto di Taranto
Il ministero lo presenta come «il referente di uno dei più importanti operatori terminalisti a livello mondiale che è presente nel Porto di Taranto con la controllata società San Cataldo Container Terminal spa (Scct)». Il colosso turco ha in mano la concessione per l’uso delle aree e della banchina del Molo Polisettoriale. Obiettivo: rendere operativo un terminal “multipurpose” «promuovendo lo sviluppo dei traffici commerciali e della logistica con particolare riferimento alla movimentazione di container, merci varie e ro-ro».
Al centro dell’incontro, secondo quanto viene riferito da fonti ufficiali del ministero, è stata «la disponibilità dei fondi ed impegno dell’Authority di Taranto per la realizzazione dei dragaggi», oltre che per «l’attuazione del decreto del ministero dell’ambiente sull’eolico off-shore per un’opera che rappresenta un grande impatto sul territorio pugliese nel suo complesso ed, in particolare, sull’indotto della catena logistica locale, che coinvolge oltre 400 lavoratori».