Paroli: due milioni per la cybersicurezza del porto e ipotesi droni-sentinella
«L’intelligenza artificiale è utile ma che guaio se deleghiamo tutto all’algoritmo»

Convegno sulla cybersecurity
GENOVA. L’Authority genovese guidata da Matteo Paroli annuncia che, nel bilancio previsionale 2026, saliranno a «circa due milioni di euro le risorse destinate alla cybersecurity», che viene considerata non per caso «una delle sfide più urgenti per i sistemi portuali». Sono investimenti indispensabili perché «i porti moderni non devono difendersi solo dai rischi fisici ma anche da quelli digitali», dice Paroli. Di più: «Difendere i dati significa difendere la credibilità e la funzionalità del porto che è asset strategico internazionale», visto che bisogna tenere presente che «un attacco informatico può paralizzare un terminal per settimane». Ben venga l’intelligenza artificiale: permette oggi «di rilevare e prevenire attacchi informatici, isolando in tempo reale le aree da cui provengono minacce senza compromettere l’operatività».
Esiste poi anche un altro versante della sicurezza, ma di quella fisica: occhi puntati sui droni e sul fatto che in misura crescente» sono utilizzati «come “sentinelle aeree”, capaci di monitorare per ore aree sensibili e segnalare in tempo reale eventuali anomalie». Paoli lo ripete enunciando una sorta di legge che si sta imponendo: «Un porto sicuro è un porto attrattivo».
Al capitolo droni e cybersicurezza – questione ancora troppo sottovalutata – bisogna sommare che raddoppieranno gli stanziamenti per il Port Community System: da un milione e mezzo passeranno a tre milioni di euro gli investimenti nella piattaforma che gestisce i flussi informativi e logistici delle merci. Queste indicazioni sono emerse nel convegno dal titolo “AI Meets the Sea, L’intelligenza Artificiale applicata all’Economia del Mare”, che martedì 7 ottobre ha tenuto banco a Palazzo Spinola a Genova.

Un momento della presentazione
A giudizio di Paroli, l’intelligenza artificiale sta «modificando in profondità» il settore marittimo-portuale, distinguendo tra la dimensione a mare e quella a terra. Rievocando una traversata atlantica compiuta nel 2015 a bordo di una nave cargo, il numero uno dell’istituzione portuale ha ricordato come «già allora i sistemi predittivi consentissero di evitare tempeste e salvare vite umane». Aggiungendo poi: «L’intelligenza artificiale non serve solo a tracciare la rotta più breve, ma a prevedere i pericoli e garantire la sicurezza della navigazione. Oggi è uno strumento quotidiano per evitare tempeste e aree a rischio, incluse quelle soggette a fenomeni di pirateria».
Ma c’è anche un fronte terrestre: è un versante per il quale Paroli ha sottolineato quanto contino già adesso l’intelligenza artificiale nella gestione dei terminal, dove automazione e capacità di calcolo ottimizzano stivaggio e operazioni di banchina: «L’intelligenza artificiale non è davvero intelligente, ma – avverte – è imbattibile quando si tratta di calcolare e ottimizzare: nei grandi porti europei è già una realtà consolidata».
Quanto all’uso dell’intelligenza artificiale sul fronte caldo degli strumento di sostenibilità ambientale, è stato messo in rilievo che a Genova «oltre trenta corsi d’acqua riversano sedimenti nei bacini durante le piogge intense», dunque riducono i fondali e ostacolano la navigazione. In virtù di modelli predittivi, «sarà possibile individuare in anticipo le aree di accumulo e intervenire tempestivamente, rendendo più efficienti le operazioni di dragaggio e tutela ambientale».
Nel suo intervento, Paroli mette il dito nella piaga: intelligenza artificiale ok, ma fin dove arriva la responsabilità umana nel suo utilizzo? Non è una questione da accademia filosofica: responsabilità vuol dire anche la possibilità di esser chiamati a risponderne. Dov’è il limite? «U punti di debolezza non sono soltanto dell’intelligenza artificiale, ma anche di chi la interroga e le chiede risposte», dice fissando la luce dei riflettori sul fatto che i rischi maggiori non derivino unicamente dagli algoritmi ma dal «loro impiego inconsapevole».
Un’altra sottolineatura di Paroli riguarda gli anni della sua precedente esperienza professionale da avvocato: come l’amarcord di un noto episodio di due anni fa negli Usa con il legale che si presenta in tribunale citando a sostegno della propria tesi sentenze inesistenti generate automaticamente. Qualcosa del genere – afferma – non è avvenuto solo al di là dell’Atlantico ma anche qui da noi; a Civitavecchia e a Torino. «Questi casi dimostrano che l’intelligenza artificiale tende ad assecondare chi la interroga, e per non deludere può anche inventare. È programmata per compiacere, non per contraddire: un rischio enorme se non c’è controllo umano», è stato il suo commento.
Passando dai tribunali alle infrastrutture del mondo portuale, Paroli tiene a mettere in evidenza come anche nei porti l’intelligenza artificiali venga «già utilizzata per analisi predittive sulla durabilità delle infrastrutture: ed è fondamentale che le valutazioni prodotte da questi sistemi siano realmente affidabili».
L’ultimo messaggio suona come un appello e una strigliata in questi tempi in cui si pensa di poter delegare all’algoritmo la fatica delle idee: «Dobbiamo continuare a far lavorare i nostri neuroni: l’intelligenza artificiale – dice Paroli – può rispondere in pochi secondi, ma può anche creare problemi enormi se non è guidata dall’uomo. Il futuro dei porti e delle infrastrutture deve restare fondato sull’intelligenza umana, verificata e responsabile».