Porti teu in overcapacity?
Riforma della riforma portuale: l’articolato Rixi che abbiamo anticipato – che naturalmente deve passare anche dalle Camere – punta dunque a coordinare lo sviluppo degli scali, oggi lasciato eccessivamente alla potenza dei singoli “protettorati” partitici, con vari eccessi di infrastrutture concorrenziali tra porti vicini.
Va bene? In linea di principio sì. Ma che sia tutto in mano in maniera esclusiva a due ministeri (infrastrutture-trasporti e economia-finanze, lo ricordo) senza nemmeno uno spiraglio per gli investitori privati – che pure sono spesso determinanti sul piano finanziario – sta facendo discutere. Per esempio: che ruolo avrebbe Assoporti, che sembra cancellata o passata in subordine? E lo stanziamento di partenza di 500 milioni non è uno scherzo di cattivo gusto, una misera briciola rispetto alle reali esigenze? Si sottovaluta la portata dei traffici marittimi per l’economia nazionale?
Dal vertice dei giorni scorsi alla “Genoa Shipping Week” è emersa anche un’analisi inquietante sulla portualità nazionale: che, nel mutare delle grandi rotte delle full-container determinata anche dal neo-protezionismo Usa e dal ridimensionamento strategico del Mediterraneo, si vada determinando una over-over-capacity dei nostri scali container, con conseguente spreco di risorse pubbliche e possibili tagli a quelle private, inadeguatezza degli scali di medie dimensioni e di reti stradali e ferroviarie di servizio.
Una indiretta conferma sembra venire proprio dal primo operatore mondiale del comparto navale dei teu, Gianluigi Aponte. La sua Msc sta visivamente rallentando la crescita del parco delle mega-ship e facendo invece incetta di unità medio-piccole, più idonee ai porti emergenti di Paesi emergenti anch’essi. C’è chi mette in relazione questa nuova strategia con l’obiettivo Gaza, che se la pace di Trump dovesse consolidarsi sarà un enorme business per la ricostruzione. Ma basta solo la promessa trasformazione della disgraziata Striscia in un paradiso trumpiano?
A.F.