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FONTI RINNOVABILI

Il fotovoltaico entra in orbita: l’energia formato spaziale

L’università di Siena nel pool di una ricerca finanziata dall’Unione Europea

Il gruppo di ricerca del progetto Jump into Space, Università di Siena

SIENA.  Tutti d’accordo che bisogna puntare sulle energie rinnovabili ma poi non c’è mai nessuno che voglia vedersi fra i piedi i pannelli fotovoltaici o le pale eoliche. Risultato: prima i progetti li hanno localizzati semore un po’ più in là, ma con l’unico esito di andare a scovare i luoghi meno rovinati dalla presenza umana, poi si è pensato di destinare ai pannelli solari centinaia di chilometri quadrati in mezzo al deserto del Sahara perché lì di spazio ne hanno tanto. L’ultima frontiera è nell’altrove più altrove che ci sia: lo spazio.

Si chiama “Jump into Space” il progetto al quale collabora l’Università di Siena sotto il segno della «nuova generazione del fotovoltaico spaziale: un salto nello spazio per celle e moduli solari multi-giunzione a perovskite su substrati flessibili innovativi».

In realtà, l’energia da ricavare – viene fatto rilevare – serve per dare risposta all’«aumento dei lanci satellitari e delle attività in orbita» che richiede «innovazioni nelle tecnologie di raccolta dell’energia solare a basso costo per l’impiego nello spazio». Dunque, la tecnologia promette di trasformare l’energia solare spaziale supportando vari veicoli spaziali e tuttavia in prospettiva, potenzialmente, non è da escludere l’eventualità che possa «fornire energia continua alla Terra dallo spazio».

L’ateneo senese partecipa al progetto “Jump into Space” – finanziato dall’Unione Europea e coordinato dalla professoressa Francesca  Brunetti del Dipartimento di ingegneria elettronica, Università di Roma Tor Vergata – che mira a «creare celle solari ad alta efficienza, leggere e flessibili utilizzando celle solari tandem avanzate interamente in perovskite». L’Università di Siena, come partner del consorzio “Jump into Space”, partecipa al team con le professoresse del Dipartimento di biotecnologie, chimica e farmacia Adalgisa Sinicropi e  Maria Laura Parisi e la dottoressa Mercy Kipyator: si occupano di verificare, utilizzando un approccio basato sul “life cycle assessment”, l’impatto dei materiali e delle tecniche di fabbricazione sull’intero ciclo di vita del dispositivo fotovoltaico.

Secondo quanto viene riferito, queste nuove celle solari contribuiranno a «raggiungere un’efficienza del 30% e a superare gli attuali limiti tecnologici»: i ricercatori cercheranno di «creare un substrato fotonico unico che migliori la cattura della luce, fornisca protezione dalle condizioni spaziali e sia stabile alle radiazioni e all’ossigeno atomico».

Il consorzio “Jump into Space” comprende un poker di università (Roma Tor Vergata, Torino, Siena, Instituto de Desenvolvimento de Novas Tecnologias), tre organizzazioni di ricerca e tecnologia di  fama internazionale (Helmholtz Zentrum Berlin, Hzb; Office National d’Etudes et de Recherches Aerospatiales; Commissariat a l’energie atomique et aux Energies Alternatives) e una impresa (Saule Technologies) di cinque Paesi europei: Italia, Germania, Francia, Portogallo, Polonia). Le loro competenze – viene messo in risalto – spaziano «dalla sintesi dei materiali alla produzione di celle a perovskite flessibili, attraverso tecniche di deposizione diversificate e versatili; dalla caratterizzazione avanzata di materiali e dispositivi alla modellazione optoelettronica e alla valutazione del ciclo di vita; da protocolli di test completi per simulare le condizioni operative nello spazio alla simulazione della degradazione».

Pubblicato il
30 Ottobre 2025

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