Idea: alleanza fra gli atenei per aprire una università italiana a Gaza
Pisa si fa avanti, è nato qui il primo corso di scienze della pace

Incontro dei rettori universitari con l’arcivescovo Saverio Cannistrà a Pisa
PISA. Non era mai accaduto nella storia di Pisa che i vertici delle quattro principali istituzioni accademiche e religiose della città si riunissero per discutere di educazione, sapere e ricerca come «speranza di pace» sono riuniti per un confronto pubblico su “Educazione, speranza di pace”. Dall’incontro – che ha visto dialogare l’arcivescovo di Pisa Saverio Cannistrà, il rettore dell’Università di Pisa Riccardo Zucchi, il direttore della Scuola Normale Superiore Alessandro Schiesaro e il rettore della Scuola Superiore Sant’Anna Nicola Vitiello – è stato importante soprattutto per il lancio di una idea: il progetto di far nascere un nuovo ateneo italiano nella Striscia di Gaza così martoriata, non appena le condizioni lo permettano. Una ipotesi in linea con quanto auspicato anche dalla ministra Anna Maria Bernini.
È un concetto ripreso dal rettore Vitiello (Sant’Anna): se questa iniziativa la prende un singolo ateneo non sposta gli equilibri, altra cosa è invece qualcosa di realizzato insieme. «Le guerre nascono sempre quando ci sono disparità, sproporzioni, squilibri. Dobbiamo trasmettere ai giovani valori positivi e le università possono creare ponti, collaborando con tutte le istituzioni senza prendere la parte di una fazione in guerra. Devono creare collaborazioni a partire dalle proprie competenze, trovare i fondi necessari, in modo metodico»: lo ha detto ricordando di aver «reclutato per chiamata diretta un politologo internazionale che si occupa proprio di risoluzione dei conflitti»: è stato invitato uno scienziato palestinese «a spiegarci quali università esistevano e non esistono più a Gaza».
E non c’è solo questo: il via al dialogo fra mondo accademico e la Chiesa, così impegnata sul fronte della pace, ha portato a immaginare Pisa come «polo nazionale delle scienze della pace»: del resto, come sottolineato dal rettore Zucchi l’ateneo pisano è stata «la prima università in Italia a istituire un corso di laurea in scienze per la pace e a esser promotore della “Rete delle università italiane per la pace”». A ciò si aggiunga che l’Università di Pisa ha modificato lo statuto «inserendo pace, sostenibilità e responsabilità sociale al centro delle attività istituzionali» e si è impegnati pubblicamente a «non essere coinvolti in attività legate allo sviluppo o perfezionamento di armi».
A prendere l’iniziativa è stata l’arcidiocesi di Pisa in occasione del Giubileo attraverso il proprio Servizio Cultura e Università della Diocesi di Pisa in occasione del Giubileo 2025, ha rappresentato un momento storico di dialogo tra chiesa e mondo accademico, con l’effetto di iniziare a pensare Pisa come un hub nazionale delle Scienze per la pace.
Quanto alle scelte educative di fondo, il professor Alessandro Schiesaro (Normale) ha sottolineato di aver appena detto ai nuovi studenti del dottorato della sua Scuola che «la competizione serve a poco». Aggiungendo: «Alla Normale cerchiamo di dare il meno possibile voti e di non darli pubblicamente, proprio per evitare una cultura eccessiva della competitività». Di più: «Io non uso mai la parola “eccellenza” perché rischia di alimentare il senso di competitività invece che di collaborazione. Le grandi iniziative scientifiche sono ormai collettive».
Quanto all’arcivescovo, padre Cannistrà ha posto l’accento sulla dimensione di empatia umana: «Il Vangelo, prima di essere un contenuto dottrinale, un insieme di verità teologiche, dogmatiche e morali è un modo di essere umani, è un modo di stare con l’altro». Per il presule c’è l’impressione che il battito cardiaco dei giovani sia «accelerato, come quello di una persona che ha paura e vive in ansia»: dipende da «un presente globale, planetario, iperconnesso, che richiede un impegno arduo di riorganizzazione della mente e del cuore». Con una sottolineatura: «L’urgente prevale troppo spesso sull’importante: l’urgente è ciò che l’istituzione esige, l’importante è però il futuro. Altrimenti rischiamo di essere schiacciati dalla manutenzione dello status quo».











