Dalla città invivibile alla città invisibile: cosa ci insegna il caso del “mondo a parte”

Una veduta dall’alto del condominio Raposo in costruzione a Sao Paulo
Qualche anno fa, uno dei più grandi scrittori del nostro tempo, Italo Calvino, scrisse un libro intitolato “Le città invisibili”. Si tratta di una serie di racconti, basati sul dialogo fra Marco Polo e il grande imperatore Kublai Khan, in cui vengono presentate 55 città dell’enorme dominio mongolo. Erano città in gran parte nascoste perché sconosciute allo stesso imperatore, e tutte avevano un nome di donna.
Nel Brasile di oggi, un paese-continente da 210 milioni di abitanti, le principali città sono ormai diventati invivibili. Basti ricordare ciò che è accaduto pochi giorni fa a Rio de Janeiro, con più di 120 persone, fra appartenenti al Comando Vermelho (una delle fazioni più potenti del Paese per il controllo del traffico di droga), poliziotti e civili, morti in uno scontro a fuoco senza precedenti; o il tipo di quotidianità che si vive nella megalopoli di São Paulo, con circa 22 milioni di abitanti, dove il Primeiro Comando da Capital (Pcc), il più potente cartello di trafficanti di droga del paese, alleato con la ‘ndrangheta calabrese, controlla l’economia di mezza città, e dove la criminalità comune – anche se in calo rispetto agli anni passati – rappresenta la maggiore preoccupazione per i suoi abitanti. Unica soluzione: fare in modo che dalla città invivibile si passi a quella invisibile.
È quanto si è cercato di fare in questi ultimi anni, costruendo condomini sempre più grandi e controllati da sistemi elettronici sofisticati per accedervi, che vanno dal riconoscimento facciale alle impronte digitali, moltiplicando le barriere di entrata e, quindi, dando almeno una parvenza di sicurezza per chi vi abita, associata a una tecnologia di avanguardia.
L’ultimo ritrovato di questa politica che privatizza gli spazi, offrendo in cambio qualche garanzia di sicurezza in più viene proprio da São Paulo. Qui, il condominio Reserva Raposo rappresenta il “concept” della città del futuro, ma sarebbe meglio dire del presente. Certo, il nome non è così affascinante come quelli delle città invisibili di Calvino: non si chiama né Diomira né Dorotea, e neanche Isaura o Zenobia, ma Raposo che, in portoghese, è il maschio della volpe, o, nella storia del Brasile, il nome di un portoghese che, nel Seicento, contribuì all’espansione del territorio brasiliano, e morì a São Paulo nel 1658. Ed è la denominazione della zona in cui il condominio sarà costruito.
In ogni caso, un nome che ben si adatta al più imponente condominio del Brasile: volpe. Perché intende nascondersi dal caos della principale urbe del paese, e al contempo territorio di conquista ed espansione per chi deciderà di abitare in questa mega-struttura.
Si tratta, infatti, di una città nella città che, a completamento (lavori iniziati, e che termineranno nel 2030) ospiterà 80mila persone, vedrà al suo interno 124 torri, fra residenziale e uffici, e occuperà un territorio di 450 mila metri quadri. A regime, gli appartamenti saranno 22mila; a oggi, ne sono stati già consegnati 5mila. Il “concept” di questo condominio fa riferimento alle città “intelligenti”, dove si concentrano tutte le principali necessità della vita quotidiana in uno spazio relativamente ristretto di territorio: scuole, assistenza sanitaria, supermercato, biblioteca comunitaria, centro per anziani, ciclovie, centro ecumenico, aree di divertimento, con piscine, palestre e campi per varie attività sportive. E ancora lezioni gratuite di inglese, teatro, musica, danza, corsi di formazione professionale, insomma, il condensato di tutto ciò che è necessario all’interno di un condominio, con 35mila metri quadri di spazi commerciali.
La società che sta effettuando questo investimento è l’Rzk Empreendimentos, braccio immobiliare della holding Rzk, che opera soprattutto a São Paulo. Il valore dell’investimento è di circa un miliardo di euro, con una compartecipazione anche pubblica (Stato e Comune di São Paulo) per edilizia popolare per circa 6mila famiglie.
Se chi sta edificando questa opera colossale sta insistendo sul concept di “città intelligente”, altri stanno esprimendo opinioni assai più preoccupate: anzitutto, l’impatto sulla viabilità delle circa 100mila persone, fra abitanti e chi vi lavorerà, sarà enorme, rischiando di mettere a repentaglio i normali trasferimenti da una parte all’altra di São Paulo. Inoltre, al momento, il trasporto pubblico per raggiungere il condominio Raposo è deficitario, anche se il Comune avrà tempo, fino al 2030, per potenziare le proprie linee, garantendo così una mobilità minimamente sostenibile.
Insomma, per chi abiterà all’interno di questa infrastruttura senza grandi necessità di spostamento (pensionati, lavoratori home-office, ecc.), la qualità della vita migliorerà notevolmente, evitando di dover entrare in una megalopoli dispersiva e insicura come São Paulo; per chi, al contrario, dalle vicinanze dovrà recarsi in città, l’impatto sarà notevole, e di certo non positivo.
Quel che è evidente è che il condominio Raposo si prefigura come una vera città invisibile, lontana dal centro di São Paulo e dotata di ogni confort della vita moderna; ma esso rappresenta anche come una resa all’impossibilità di vivere una città, São Paulo appunto (ma altre megalopoli stanno ormai prendendo questa strada) ricca di storia, cultura e divertimento, ritirandosi in un’isola urbana da cui, alla fine, la tendenza sarà non uscirne più, sullo stile di una dorata prigione.
Luca Bussotti
(professore ordinario visitante, Universidade Federal do Espírito Santo, Vitória, Brasile; Universidade Técnica de Moçambique, Maputo, Mozambico)











