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Nomine

Con Trieste il puzzle dei presidenti è andato a posto: ora la “riforma”

A primavera scadono gli ultimi due. Il caso di Palermo e la commissaria leghista

LIVORNO. A guardarsi indietro adesso sembra ci sia da chiedersi: ma com’è stato possibile? Già, com’è potuto accadere che per più di sei mesi l’intera portualità made in Italy sia rimasta ostaggio di una bega politica? Ci sono voluti più di sei mesi perché si definisse la “squadra” che governa le banchine del Bel Paese: un impasse lunghissimo, che non è mai salito al rango di “questione da risolvere”, mai diventato un titolone di prima pagina o una notizia da tg o un argomento degli innumerevoli talk show di approfondimento che cincischiano sulla superficie sempre delle piccole scaramucce di cortile.

Marco Consalvo, Authority di Trieste

Adesso il quadro è tornato alla fisiologia: con il decreto di nomina relativo a Marco Consalvo al timone dell’Authority di Trieste, delle 16 istituzioni che guidano altrettanti sistemi portuali ce ne sono 13 che hanno visto insediato il nuovo presidente, deciso ai tempi del governo di centrodestra. E le altre tre? Due scadranno a primavera (a metà marzo il termine formale, con il massimo di 45 giorni di “prorogatio” stabiliti dalla legge Bassanini si arriva al ricambio obbligato entro fine aprile-inizio maggio): sono l’Autorità di Sistema Portuale del mare Adriatico Centrale, cioè Ancona più una serie di scali marchigiani e abruzzesi, per adesso in mano a Vincenzo Garofalo, e quella del mare di Sicilia Orientale, riguardante cioè i porti di Augusta e Catania più altri minori, fin qui governati da Francesco Di Sarcina.

 

Annalisa Tardino, Authority di Palermo

Manca la sedicesima, ed è l’altra Authority siciliana: quella di Palermo. È affidata alle cure dell’ex eurodeputata leghista Annalisa Tardino: inizialmente vista come uno strappo dalla Regione Siciliana che ha fatto fuoco e fiamme a suon di ricorso al Tar contro la nomina, con il presidente (forzista) Renato Schifani in rotta di collisione con il ministro (leghista) Matteo Salvini. Salvo poi rinunciare alla sospensiva che avrebbe rischiato di far esplodere davvero l’istituzione: costringendo al “commissariamento della commissaria” qualora fosse stata accordata. In realtà, sembra che le acque siano ora molto meno agitate che un tempo: e Tardino sta spendendo i legami con il mondo di Bruxelles (ha alle spalle cinque anni nell’Europarlamento conclusi da poco) per spingere Palermo verso un protagonismo su quel versante, oltre a provare a conquistare spazio nella scommessa di vari porti del Mezzogiorno in fatto di energia eolica offshore con le pale in mare.

Lo scontro fra Forza Italia e Lega è stata la ragione dietro all’ultima fase della lunga paralisi: in lotta per la conquista del ruolo di numero due dell’alleanza di centrodestra con Fratelli d’Italia che regge il governo del Paese. Con il ministero delle infrastrutture presidiato dal ministro-vicepremier Salvini, leader del proprio partito, e dal vice Edoardo Rixi, che è lo stratega che ha in mano i dossier.

In effetti, l’impasse non aveva a che fare con uno scontro epocale fra candidati alternativi: i nomi sono tutti quelli indicati fin dal primissimo giro. No, in gioco era semplicemente l’equilibrio politico. E la politica ha dato il peggio di sé: ne hanno fatto le spese i porti, che se la sono dovuta cavare all’italiana con il ministro costretto a una misura d’emergenza come la nomina d’un commissario, poi diventati più di una dozzina, per garantire quel minimo di operatività.

Adesso è da prevedere che il ministero metta in forno la “riforma della riforma della riforma” dei porti. Anche a tastare il polso alla nomenklatura degli scali, emerge l’ipotesi che tutto si ridurrà a una sorta di trasferimento di sovranità: dovendo stare all’interi di rigidi parametri per poter ottenere da Bruxelles lo scomputo del (previsto) boom delle spese militari, sostanzialmente non c’è un gran gruzzolo di soldi pubblici sul quale contare, e dunque si aumenterà il “peso specifico” – anche in termini di potere reale – di grandi operatori privati in cambio dei loro investimenti su gru e terminal. Con una centralizzazione delle decisioni: ma è da capire “quanto” centralizzare. Non sfugge a nessuno che sta lì il titolo quinto della Costituzione per come modificata agli inizi di questo nuovo secolo, più di  vent’anni fa: ci si può girar poco intorno, i porti sono materia “concorrente”, in cui Stato centrale e Regioni decidono insieme.

Mauro Zucchelli

Pubblicato il
11 Dicembre 2025
di MAURO ZUCCHELLI

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