Come ti racconto il disastro naturale: la “lava” delle parole dei sopravvissuti
Progetto-novità (con convegno e mostra) fra scienza e narrazione

L’eruzione di un vulcano
PISA. Il vulcano ha deciso di farsi sentire e scaraventare la propria rabbia infuocata verso il cielo: tutt’attorno c’è “Lava”. Stavolta però non parliamo della roccia fusa che ad altissima temperatura schizza fuori dal cratere. “Lava” è la sigla che sta per “Literary Atlas of Volcanic and seismic Activities”: ed è la narrazione che l’eruzione lascia nella memoria collettiva. La studia l’Università di Pisa con qualcosa di inedito: la «prima piattaforma digitale che permette di esplorare secoli di narrazioni dedicate ai terremoti e alle eruzioni attraverso mappe interattive e percorsi tematici». Da tradurre così: «Un vero atlante letterario del pianeta che trema, costruito grazie alla convergenza tra studi geologici e ricerca umanistica». Obiettivo: vedere in che modo i grandi disastri naturali siano stati «raccontati in epoche diverse, in culture lontane, in forme che uniscono memoria, emozione e osservazione del mondo naturale».
L’appuntamento per mettere in mostra quest’approccio di fronte agli occhi anche dei non addetti ai lavori è previsto per la prima volta ufficialmente durante il convegno internazionale dal titolo “Il risveglio di Encelado”. Appuntamento dal 17 al 19 dicembre a Pisa per una «indagine transdisciplinare sul rischio e il disastro geologico»: è coordinato dalla professoressa Biancamaria Rizzardi dell’ateneo pisano ed è finanziato dal bando Pnrr Return per la ricerca su terremoti ed eruzioni. In questo caso l’approccio umanistico e l’attenzione alla narrazione mostrerà come le società costruiscono il “racconto” dei disastri e come tutto questo influenzi «la percezione del rischio e le forme di resilienza».
L’atlante interattivo “Lava” è il cuore del progetto, dicono dall’università di Pisa: «Le opere letterarie non sono semplici testimonianze, ma diventano laboratori di emozione e pensiero, luoghi in cui individui e comunità elaborano la paura, la perdita e i processi di ricostruzione». Di più: «Ogni nodo dell’atlante mette in relazione eventi reali come terremoti, eruzioni e luoghi del disastro con simboli e metafore culturali, conseguenze storiche e sociali e i diversi linguaggi filosofici e poetici che raccontano il rischio, il trauma e la rinascita». Quel che ne scaturisce è «un ecosistema narrativo che rende accessibile e condivisibile la complessità delle risposte umane ai fenomeni estremi».
Il portale – informano gli organizzatori – sarà presentato nella versione definitiva a Pisa il 18 dicembre alle ore 15.15 nell’auditorium di Palazzo Blu e da quel momento sarà navigabile in rete.

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Il convegno mette a confronto riunisce scienziati, scrittori e artisti: in ballo tre lezioni magistrali, incontri letterari e una lezione-spettacolo, oltre a sei sessioni tematiche dedicate alle grandi metafore della catastrofe – Gaia, Prometeo, Mnemosyne, Tifone, Atlante, Efesto ed Encelado – e ai modi in cui si intrecciano scienza, cultura e immaginario.
David Alexander (Londra) esplorerà le iconografie del disastro nella storia dell’arte occidentale, Frank Westerman (Paesi Bassi) ricostruirà le storie nate intorno alla tragedia del lago Nyos in Camerun, mentre Isak Winkel Holm (Copenaghen) analizzerà il “noir profetico” nell’opera di Kierkegaard alla luce della crisi climatica contemporanea. Il programma includerà inoltre la lezione-spettacolo “Sono una frana” di Matteo Belli. Arricchiscono il convegno le voci di autrici come Esther Kinsky (Bonn) che nel romanzo “Rombo” lega la memoria del terremoto del Friuli al paesaggio e all’immaginario della comunità colpita, nonché quella di Elleke Boehmer (Oxford).
Le sessioni tematiche approfondiranno temi che vanno dalla percezione psicologica del rischio alla memoria collettiva, dal racconto nei media e nel cinema fino alle nuove frontiere della linguistica computazionale applicata alla vulcanologia e alle narrazioni dell’Antropocene.
Queste le parole di Biancamaria Rizzardi, la studiosa dell’ateneo pisano che ha tirato le fila dell’iniziativa: «Sono orgogliosa di avere coordinato un progetto che, grazie a studiose e studiosi di Pisa e di altre Università nazionali e internazionali, ha condotto una ricerca che intreccia la conoscenza scientifica e umanistica, rafforzando l’idea cardine del nuovo millennio di un sapere senza confini». Poi rincara: «L’atlante non è il punto di arrivo di questo progetto ma una tappa che dovrà essere perseguita e implementata con un impegno costante nelle scuole, nelle università e nei centri di ricerca. Oggi è più che mai necessario rivolgere la nostra attenzione alle questioni inerenti al rischio ambientale». E aggiunge: «Questo progetto è un invito a guardare il rischio come racconto condiviso: a trasformare la memoria della catastrofe in conoscenza, e la conoscenza in cura».

L’attore Matteo Belli
Ecco quel che dice Matteo Belli: «Il 25 giugno 1994, nei pressi di San Benedetto Val di Sambro, Bologna, franò Monte Galletto. Dopo 20 anni, mi fu chiesto di raccontare l’episodio con una breve narrazione teatrale. Le domande che mi apparvero, fin da subito, imprescindibili furono: cos’è una frana? È una montagna? Ciò che ne resta? Come si sente una montagna quando frana? Cosa prova? Cosa pensa? Come vive il passaggio tra il prima e il dopo, tra l’essere ancora e il non essere più? E, ultimo ma non meno importante, dare vita a cose che umane non sono, può aiutarci a comprendere le ragioni di quel mondo che diciamo “inanimato” e che, tanto spesso, ignoriamo negandogli ascolto, rispetto e dedizione, fino a quando questo mondo non ci presenta il conto della nostra incuria?».
In occasione dell’apertura del convegno internazionale “Il risveglio di Encelado: un’indagine transdisciplinare sul rischio e il disastro geologico”, il sistema bibliotecario di ateneo presenta una mostra curata da Laura Gigli, Cinzia Romagnoli e Elena Franchini. L’esposizione propone una selezione di opere provenienti dalle proprie collezioni, tra cui la “Naturalis Historia” di Plinio (1539) e il commento di Landino alla Divina Commedia (1484), affiancate da altre testimonianze letterarie e scientifiche, fra le opere anche Voltaire e Humboldt. Una sezione è dedicata agli eventi sismici locali, come il terremoto in Toscana del 1846, mentre la rassegna si conclude con una scelta di volumi moderni sul tema, consultabili dal pubblico.
Dopo la presentazione del 17 dicembre, la mostra sarà visitabile dal 18 dicembre al 30 gennaio presso la Biblioteca di Italianistica e Romanistica del Polo 6 (chiusa dal 24 dicembre al 6 gennaio), dal lunedì al venerdì, con orario 9-20, ingresso libero.
Vale la pena di aggiungere che dal punto di vista informatico e grafico “Lava” è stato realizzato da Henry Albert (responsabile di progetto); Alice Bisio (project manager): Matteo Bettini (direttore artistico); Federico Poni (programmatore) di Chimera. Quest’ultimo è uno studio di “data visualization” che trasforma la ricerca accademica in forme digitali e multimediali: collega le culture accademiche e digitali attraverso mappe, saggi e interfacce che conferiscono alla ricerca profondità spaziale e narrativa.











