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Cresce la “Dark fleet”

ROMA – “Spingere per una decarbonizzazione ideologica in tempi stretti, senza una corretta analisi dei costi-benefici, pone un’ipoteca sulla sopravvivenza di di cruciali settori dell’industria europea, della logistica e in sostanza dell’economia dei Paesi”.

Non sono affermazioni di un qualsiasi osservatore. Sono la sostanza dell’intervento di Antonio Gozzi, speciale “advisor di Confindustria sui piani di Bruxelles: la sua analisi – che si basa su un un’indagine capillare condotta da Federacciai sulle aziende interessate ai provvedimenti coercitivi dell’incrocio degli ukase relativi agli ETS, alla CBAM, alla EUDR, in aggiunta alle difficoltà della logistica marittima e terrestre per le note vicende belliche ai margini dell’Europa – individua il rischio concreto di chiusura di aziende e interi settori industriali come l’acciaio da carbone, il cemento, la ceramica, il vetro, con analoghe ricadute su centinaia di piccole realtà dell’indotto.

Con un’aggiunta che suona amaramente sarcastica, Gozzi ha anche specificato che “Se con un colpo di bacchetta magica si potesse chiudere tutta l’industria europea, che vale il 3,5% delle emissioni globali di CO/2, l’effetto mondiale sarebbe praticamente nullo.”

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In campo marittimo poi i provvedimenti che colpiscono le società di navigazione che sono la spina dorsale della logistica mondiale, stanno producendo un effetto perverso che si sta moltiplicando ogni giorno: quello della nascita della dark fleet, ovvero di bandiere e porti ombra, che non rispettano alcuna regola e che sono praticamente fuori da ogni controllo. Compreso il Mediterraneo, dove il fenomeno viene già avvertito sui nostri scali.

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Pubblicato il
6 Novembre 2024

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