Nei guai l’imprenditore livornese che ha ridisegnato il volto di Milano
Chi è il "re del mattone" fra finanza, inclusione e sostenibilità

Coima, il logo della società guidata da Manfredi Catella
LIVORNO. No, forse è più facile vederlo con un gessato d’alta sartoria piuttosto che con l’infradito e il catenone d’oro. Magari non gli sentirete come intercalare il “boia dé” d’ordinanza o qualcos’altro pescato a strascico fra i lemmi del “Novissimo Borzacchini”: eppure è già un indizio che non s’abbandoni a tutte quelle “e” aperte che contrassegnano lo slang da milanese più o meno imbruttito. Anzi, chi rievoca la figura del padre Riccardo, anche lui imprenditore e anche lui nel mattone, giura che nel modo di parlare si sentissero “toscanismi” anche se era di Caltanissetta e aveva Milano come regno.
Stiamo parlando di Manfredi Catella, imprenditore livornese classe ’68. È finito nei guai perché la Procura lo accusa di aver commesso illeciti: il pm ne ha chiesto gli arresti domiciliari; ora il gip deciderà quale misura cautelare applicare dopo aver sentito il diretto interessato e gli altri indagati.
La giustizia dirà se Catella è andato fuori dalle righe. Le responsabilità e le contestazioni riguardano ovviamente specifici episodi, ma secondo l’impostazione dell’accusa l’inchiesta ruota attorno a un strategia per cui bastava una autorizzazione di limitata importanza per infilarci dentro il via all’edificazione di grandi fabbricati (nella fattispecie si sospetta che dietro ci fosse corruzione o pressioni irregolari).
Secondo quanto riferisce Skytg24, il fronte di Catella si difende così: «Abbiamo provveduto tempestivamente a fornire quanto ci è stato sinora richiesto e a svolgere le verifiche interne per confermare la regolarità in merito, che avremo modo di rappresentare con chiarezza nella sede giudiziaria. La trasparenza e la legalità sono fondanti per il nostro gruppo e per tutti noi, e avremo modo di affermarlo con determinazione anche in questa circostanza».

Il nome di Manfredi Catella fra i nuovi nati nella pagina della cronaca del “Telegrafo” nell’edizione del 3 settembre ’68, pochi giorni dopo la sua nascita
La prima volta con il nome sul giornale: nel ’68, nei giorni di Praga
Il nome di Manfredi Catella compare per la prima volta su un giornale nell’estate ’68: figura fra i “sono nati” in fondo alla pagina di cronaca del “Telegrafo”, lo metteranno solo il 3 settembre. In realtà, è nato a Livorno in una domenica 18 agosto di caldo choc nell’anno che per antonomasia significherà “ribellione”. Si badi bene, quel post-ferragosto sembra per i livornesi contrassegnato dal quasi-naufragio del cantante-simbolo Claudio Villa con lo yacht nell’isola di Gorgona.
Sembra, appunto: perché in quegli stessi giorni il Cremlino decide di fargliela piantare a quei sovversivi di Praga: i carriarmati sovietici entrano nella capitale cecoslovacca chiudendo l’esperimento di Dubcek, Jan Palach si darà fuoco per protesta (qui il link Youtube alla memorabile canzone di Francesco Guccini). Livorno se ne accorge perché «un sarto dell’Accademia, la moglie impiegata dell’ospedale e un meccanico dentista», come dettaglia il quotidiano livornese, sono scappati dopo aver visto dalla finestra dell’albergo l’ingresso dei tank di Mosca. Idem per un paio di seminaristi del santuario di Montenero.
Catella metterà le candeline sulla torta di compleanno nello stesso giorno di una sfilza di personaggi che amano stare al centro della scena: come Robert Redford e Sergio Castellitto, come Mika e Geppi Cucciari. Probabile però che si riconosca di più in altri nati in quel giorno: quello di chi sta in cabina di regia come Gianni Rivera nel calcio, come Roman Polanski nei film e come Abd Allah bin Musa’id Al Sa’ud negli affari.
L’immobiliarista numero uno in Italia e il nuovo volto di Milano
L’imprenditore nato a Livorno 57 anni fa è senz’altro il più importante immobiliarista del Bel Paese: ha inventato il volto nuovo di Milano con operazioni tipo Porta Nuova. Con il grattacielo del “bosco verticale” che un tempo era il regno dei Ferragnez, con la piazza Aulenti e la Torre Unicredit (colpita l’altro giorno dal cedimento dell’insegna alla sommità: un patatrac che più simbolico non potrebbe essere). Quest’affare che mette in gioco 340mila metri quadri di superficie calpestabile per l’investimento di una società texana: la Hines Interests Limited Partnership.

L’immobiliarista di origini livornesi che ha cambiato il volto di Milano
Nel campionato del “mattone” la Hines Interests è una delle prime venti società nel pianeta: risulta dal “Tirreno” che risale agli anni di Catella padre il legame con Gerry Hines, che in quel periodo ha in cassaforte un patrimonio immobiliare di 42 milioni di metri quadri costruiti. Manfredi Catella ne diventa il plenipotenziario all’ombra del tricolore come numero uno di Hines Italia Sgr. In seguito rileverà questa controllata italiana e ne farà una propria azienda ridenominando l’immobiliare di famiglia, la Coima fondata dal padre nel ’74. Alla fine esce dal business di Porta Nuova cedendo tutto al fondo sovrano del Qatar con una operazione da due miliardi e mezzo di dollari sull’asse di una delle tante relazioni internazionali a doppio filo che ha con mezzo mappamondo. Tanto al di là dell’Atlantico come pure nel quadrante del Golfo Persico o in quello asiatico.
Il “Corriere” indica la società del superimprenditore livornese «il principale sviluppatore del mattone in Italia» insieme proprio al concorrente Hines «attraverso la gestione di 10 miliardi di euro di capitali raccolti con 33 fondi presso un centinaio di investitori istituzionali come i fondi sovrani di Singapore, Qatar e Abu Dhabi». Bisognerebbe aggiungere ai due anche il fondo australiano Lendlease, che soltanto a Milano ha due progetti – Mind (Innovation District) e Santa Giulia – che valgono 9,6 miliardi (per 452mila metri quadri di uffici, 4.300 appartamenti e 110mila metri quadri di fondi).
Il grattacielo più alto e il villaggio olimpico ma anche gli affari in Toscana
Resta il fatto che Catella è un gigante del settore: lasciamo stare che a Porta Nuova c’è il grattacielo più alto di tutta Italia, ecco che nell’area dello scalo Romana è in gestazione il villaggio atleti dedicato ai Giochi di Milano-Cortina del prossimo anno, ecco l’ “affaire” del Pirellino, con l’idea iniziale di creare un grattacielo in form di “torre botanica” (poi cancellata), ecco che in zona Garibaldi è stata realizzata la sede di Microsoft con la firma di Herzog & de Meuron.
Milano, sempre Milano, fortissimamente Milano. Ma Coima, forse in nome di una qualche radice rimasta in Toscana, ha messo gli occhi anche su qualche affare immobiliare da queste parti. A Lucca, ad esempio: prima per provarci con il recupero dell’ex Manifattura Tabacchi, poi con la riconversione dell’ex Telecom. Del resto, fin dall’inizio dello scorso decennio la società della famiglia Catella aveva costruito un’alleanza con Fondazione Cassa di risparmio di Lucca. Poco più in là, sulla costa versiliese, ha rilevato a Forte dei Marmi la villa appartenuta alla figlia dello scrittore Thomas Mann.

Il Bosco Verticale, l’edificio-simbolo dell’operazione di Porta Nuova a Milano
Vuol apparire diverso dai “furbetti del quartierino”
Diversamente dalla precedente ondata di immobiliaristi spesso al centro del teatrino del gossip, Catella ha preferito ritagliarsi un ruolo meno chiassoso. Anzi, la fondazione intitolata al padre Riccardo insiste sull’impegno in «progetti civico-culturali per coinvolgere e sensibilizzare i cittadini sull’importanza del verde urbano, valorizzare le aree pubbliche della città e promuovere l’inclusione sociale di tutti i suoi abitanti». Sembra quasi un eco-manifesto: inaspettato per chi fonda la propria fortuna sul mattone. La sottolineatura riguarda anche la parità di genere: in Coima le donne sono il 42%.
Da un lato, c’è l’emblema di Porta Nuova: cambia lo skyline di Milano in virtù di quella che viene ritenuta la più ciclopica operazione di rigenerazione urbana nell’ultimo quarto di secolo in Europa. Dall’altro, c’è chi contesta tanto l’operazione sociale (la “gentrificazione” che rinnova aree popolari sbattendo fuori le famiglie a basso reddito per rimpiazzarle con localini e loft fighetti) quanto l’aumento della densità del “cemento”.
Ma le cose sono forse più complicate di così: basti dire che si è badato non solo a togliere di mezzo fabbricati degradi e sgorbi edilizi ma ci si è preoccupati anche di dotarli di certificazione Leed (cioè qualità dell’ambiente e ridotti consumi di energia). Non solo: uno dei fondi del gruppo di Catella, il Coima Opportunity Fund III mette in pista a Roma mezzo miliardo per «il riuso edilizio e la transizione energetica». Di più: si indica come fiore all’occhiello il fatto che quattro fondi del proprio portafoglio – viene fatto rilevare – hanno ricevuto per il 2024 punteggi eccellenti dal sistema di rating “Esg” più autorevole nel settore immobiliare. Da aggiungere: dentro il progetto di Porta Nuova c’è anche la “biblioteca degli alberi”, un giardino contemporaneo di dieci ettari realizzato dalla Fondazione Catella per il Comune milanese, che ha ottenuto un premio dal programma Onu per un’urbanizzazione sostenibile in termini sociali e ambientali.
In barca a vela con la t-shirt del giornale comunista
Torna alla mente un doppio episodio narrato da Stefano Rolando, manager pubblico e prof di lungo corso, per ricordare Catella padre: l’uno riguarda l’alluvione del ’66 a Firenze e l’esperienza da “angeli del fango” vissuta da lui e da Catella senior; l’altro ha a che vedere con una traversata in barca a vela e il padre di Manfredi che si presenta con la maglietta-icona della campagna del “Manifesto” di Pintor e Rossanda del ’94 (“La rivoluzione non russa”). Certo, una maglietta non fa primavera ma racconta di un ambiente in cui si tiene a sbandierare un identikit da «realtà inclusiva, votata all’eccellenza e all’innovazione» con progetti immobiliari «dall’impatto ambientale e sociale straordinario». La consegna del villaggio olimpico degli atleti è indicato «come esempio mondiale di sostenibilità», i lavori sono stati ultimati in anticipo di un mese e con altri 300 posti ai 1.400 previsti, annunciando «la riconversione in studentato in soli quattro mesi».
Questo attenua le accuse? No, si tratta di altro: quantomeno non stiamo parlando di un “re del mattone” in linea con la stagione dell’ostentazione nel solco della rapidissima ascese e dell’altrettanto veloce fine dell’impero dei “furbetti del quartierino”. Il suo gruppo è in certa misura familiare: l’ha fondato suo padre Riccardo («la cui visione ha dato origine al Progetto Porta Nuova»); lo guida lui; la moglie Kelly Russell è capo del settore-chiave della sostenibilità insieme alla comunicazione e al timone della fondazione; la madre Alida Forte è capo di Coima Image, lo studio di architettura collegato, e ha un ruolo guida nella fondazione.

Un altro angolo del complesso immobiliare di Porta Nuova a Milano
Gli anni da studente alla Cattolica, poi il volo nella finanza
Catella la laurea la prende all’Università Cattolica, corso di laurea in economia e commercio ma tesi in economia urbanistica (relatore il professor Andrea Villani). Occhio alla scelta dell’ateneo: curioso sentire un finanziere del mattone che vede come un disvalore il fatto che «molti atenei, pur essendo validi, sono orientati troppo sul mercato e non danno la giusta importanza alla formazione umana». I valori, insomma: lo dice alla community degli “alumni” della sua ex università degli studenti. È ancora laureando quando «viene chiamato per una posizione alla J.P. Morgan», rientra in Italia nel’ 92 perché ha vinto una borsa di studio al Politecnico di Torino, lì frequenta un master in pianificazione urbanistica. Finito quello, eccolo a Londra per un corso in “advanced management” alla London Business School.
Con una formazione del genere entra nel mondo del lavoro occupandosi della gestione dei fondi di investimento immobiliare per conto di Heitman a Chicago, forse preceduto da un passaggio parigino alla Caisse Centrale des Banques Populaires, poi “investment management” per Hsbc tra Milano e Parigi. Questa declinazione immobiliare della finanza lo riporta in J.P. Morgan (Fleming Asset Management) come amministratore delegato. Poi quindici anni al timone della divisione italiana di Hines, ma di questo si è già detto, e in parallelo il progetto di una società di investimento immobiliare quotata (Siiq). Fra parentesi, è anche nell’advisory board dell’Università Bocconi e di Assolombarda, e da quasi trent’anni è nell’Ordine dei Giornalisti come pubblicista.
«Cosa consiglio? Una esperienza all’estero e siate curiosi sempre»
Quali consigli aveva consegnato Catella agli “alumni” di Cattolica? Soprattutto tre. Uno: «Lavorare fuori dall’Italia è fondamentale, non solo per chi punta a conquistarsi una posizione stabile fuori dai nostri confini, ma anche e anzi, soprattutto, per chi punta a lavorare in Italia». Due: essere curiosi sempre, perché significa restare «disponibili ad imparare e ad acquisire nuove competenze». Tre: non stancarsi mai di imparare («non c’è un’età che segni la fine dell’apprendimento»).
Ora c’è da attendere la decisione del gip per conoscere il destino di Manfredi Catella e il cannoneggiamento dell’opposizione contro il sindaco milanese di centrosinistra per capire cosa accadrà a Giuseppe Sala (le elezioni saranno nella primavera 2027): ma sia l’una che l’altra sono un’altra storia, anzi due.
Mauro Zucchelli