Compagnia asiatica apre una linea Cina-Europa via Polo nord in metà tempo
L'Europa si spaccherà in due: applausi dal Nord, il Mediterraneo ai margini delle grandi rotte

Immagine azimutale di una nave portacontainer impegnata sulla rotta a nord del circolo polare artico
LIVORNO. I guai di Suez che solo adesso sembrano lentamente – ma proprio lentamente – attenuarsi, il ritorno in auge dell’antichissima rotta di circumnavigazione dell’Africa: quanto basta per far rischiare al Mediterraneo di esser tagliato fuori dalle grandi rotte del trasporto marittimo e tornare al periodo in cui, dalla scoperta (e ascesa) dell’America in poi, il baricentro del mappamondo si è spostato fra le due sponde dell’Atlantico. Adesso, anche per effetto dei cambiamenti del clima, c’è un altro fantasma che si aggira nel risiko delle grandi flotte: la rotta artica. Cioè: dalla Fabbrica del Pianeta (la Cina e nel complesso l’Estremo Oriente) far arrivare le merci a uno dei principali mercati di consumo del mondo (l’Europa) passando non più da sud, dunque dall’Oceano Indiano, bensì da nord, al di sopra del circolo polare artico.
Sia chiaro, non è una novità: fin dagli anni sessanta è nei piani degli stati maggiori militari, in particolare di quello prima sovietico e ora russo, che ne controllerebbe direttamente la gran parte, ma nell’ultimo decennio si sono moltiplicati anche tentativi che si potrebbero definire commerciali-esplorativi. Imprese commerciali che testano la possibilità, studiano l’ipotesi, mettono al lavoro gli ingegneri, poi ne fanno discutere i piani alti delle istituzioni politiche. Insomma, tutto il gran can can preparatorio per qualcosa che si immagina che avverrà: nessuno vuol arrivare ultimo ma nessuno vuol neppure giocarsi ai dadi una montagna di milioni di dollari perché la nave cola a picco o perché siamo dentro uno scenario ostile ed è difficile tener fede alla schedula di una tabella di marcia.
Se ne parla da tempo, ma questo è un balzo in avanti
Fatto sta che per iniziativa cinese è cosa di questi mesi un balzo in avanti: «Una compagnia armatoriale cinese sta per lanciare la prima rotta di trasporto container di linea attraverso l’Artico: inizierà a settembre e collegherà tre porti cinesi con quattro porti nell’Europa occidentale». A segnalarlo è l’ “High North News”, quotidiano norvegese con base a Bodo, piccola città nell’estremo nord della Norvegia, che parla dei piani della compagnia Haijie.
A quanto è dato sapere, però, il velo l’ha alzato “Splash 24/7”, giornale on-line singaporeano sceso in campo con il suo fondatore-editore Sam Chamblers: indica invece la compagnia Sea Legend Shipping, lo spiega come «un servizio stagionale», un filo direttissimo «tra la Cina e l’Europa settentrionale attraverso la Rotta del Mare del Nord (Nsr)» che «offrirà un «transito di 18 giorni tra l’Asia orientale e l’Europa» praticamente dimezzando i tempi rispetto alla rotta classica attuale. Le tappe, secondo la testata asiatica: scali a Qingdao, Shanghai, Ningbo in Cina, poi in Europa Felixstowe (Gran Bretagna), Rotterdam (Paesi Bassi), Amburgo (Germania) e Danzica (Polonia). La nave utilizzata avrebbe una capacità di quasi 5mila teu.

Lo schema grafico è di Srm, centro studi vicino a Intesa San Paolo: indica le tre grandi rotte marittime fra la Cina e l’Europa

Anche questi sono dati di Srm: è la stima di tempi e distanze fra Sganghai e Rotterdam a seconda di quale rotta si scelga fra la via artica, Suez o Capo di Buona Speranza. Il primo numero indica le miglia nautiche da percorrere, il secondo nel simbolino del calendario segnala invece il numero dei giorni (in questo caso Srm precisa di aver stimato che sulla rotta artica si proceda a una velocità di 8-10 nodi e sulle altre rotte di 15 nodi
Lo scoop del cronista singaporeano
La nave – si afferma – è attualmente nelle mani del partner russo della società, cioè Safetrans Line. Sea Legend è una società con base a Singapore ma sotto il controllo delle autorità di Pechino, la sua flotta batte bandiera cinese e gode dell’appoggio della Marina militare cinese. Sulla nascita di questo collegamento di linea, per ora pare limitato ai mesi estivi, giocano gli interessi convergenti di Russia e Cina. Sul lato russo: lo sviluppo della rotta artica nelle proprie acque offre al Cremlino un asso per contare nella geopolitica. Il giornale singaporeano ricorda che l’agenzia nucleare russa Rosatomflot deve creare le infrastrutture, «compresi quelle per i rompighiaccio e i servizi di navigazione». Sul lato cinese: Pechino vuol tenersi la porta aperta per poter contare su «corridoi commerciali alternativi» qualora vi siano turbolenze geopolitiche sulle altre rotte.
Di nuovo la parola al reporter investigativo norvegese per apprendere tre dettagli aggiuntivi. L’uno: il viaggio inaugurale è «in partenza il 20 settembre». L’altro: la capacità di carico è stata «completamente prenotata». Il terzo: il ministero cinese che si occupa di trasporti ha preso a divulgare «dati in tempo reale sul monitoraggio del ghiaccio marino» con l’obiettivo di aumentare la sicurezza della navigazione in zona artica.
Dal punto di vista geostrategico sul tavolo vi sono:
- i porti del Northern Range, diciamo fra Le Havre e Amburgo passando per Rotterdam e Anversa, sono già assai più forti di quelli del Sud Europa affacciati sul Mediterraneo, in questo caso si vedrebbero offrire su un piatto d’argento il vantaggio competitivo di avere anche tempi più brevi di consegna
- i porti del Mediterraneo – principalmente l’arco occidentale che va da Algeciras a Gioia Tauro passando per Valencia, Barcellona, Marsiglia, Genova, La Spezia e Livorno – sarebbero tagliar fuori vedendo circoscritta l’azione a una mera redistribuzione più o meno regionale.
- Dentro il Grande Nord c’è però anche chi non fa i salti di gioia: svedesi e soprattutto norvegesi (Oslo trae dai giacimenti offshore nel mare del Nord la stampella per il proprio welfare) ormai da anni hanno drizzato le antenne di fronte alle grandi manovre russe che presidiano in forze l’area artica
Difficile già adesso tenere insieme la portualità nordeuropea e quella mediterranea: rispondono a modelli, profili, identikit parecchio differenti. Figuriamoci se dovesse delinearsi uno scenario del genere: davvero pensate che Bruxelles farebbe quadrato in nome della centralità del Mediterraneo? Scordatevelo.
Dimezzare i tempi del viaggio: quali vantaggi a cascata
Il giornale online norvegese tiene a sottolineare cosa significa dimezzare i tempi di trasferimento delle merci dalla fabbrica al consumatore finale: se il viaggio è più breve si dà modo ai fornitori di consegnare le merci in modo più rapido, dunque tagliare i costi di inventario e accelerare la rotazione del capitale. In nome di questa attenzione alla velocità, la società cinese ha selezionato in Europa porti che fossero notti per l’efficienza nella tempistica di sbarco.
Il cambio di passo stavolta sta nel tentativo di farne un collegamento di linea, seppur stagionale: non è una novità assoluta che al di sopra del circolo polare artico viaggino navi portacontainer, lo scorso anno sono stati 17 i viaggi di questo tipo, quasi sempre con una unica destinazione da porto a porto, cioè non con collegamenti di linea. Anche in questo caso gestiti soprattutto da un armatore cinese: 13 navi, in totale 20mila container. Una quantità a malapena simbolica, se consideriamo che il World Shipping Council parla di oltre 220 milioni di container a zonzo ogni anno per il mondo. In percentuale: lo 0,009 per cento. D’altronde, era composto da una cinquantina di “scatoloni” il primo carico di Malcolm McLean, l’imprenditore che “inventa” i container a metà anni ’50…
In un webinar organizzato nel 2020 dal centronstudi Srm (Intesa San Paolo) in tandem con l’Istituto Affari Internazionali (Iai) è emerso che finora la rotta artica è stata contrassegnata da un impiego simile quasi esclusivamente a quello delle “autostrade del mare”: trasporto marittimo regionale ma fra l’inizio e la fine dello scorso decennio aumentato a ritmo più che doppio ogni anno fino a superare i 30 milioni di tonnellate e puntando, entro la fine di questo decennio, a tre volte tanto. Detto questo, però, c’è anche una tendenza all’utilizzo della direttrice artica in senso transcontinentale.

Una nave gasiera impegnata nella rotta a nord del circolo polare artico
La stima: due terzi del traffico via da Suez, Mediterraneo marginale
L’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi) già nell’estate di sette anni fa aveva pubblicato un report del capo analista Luca Moneta per mettere nero su bianco le riflessioni che nel mondo di Sace, il braccio operativo del ministero dell’economia nel sostegno alle aziende italiane alle prese con l’export. Co una domanda clou: “La rotta artica russa: a vantaggio di chi?”.
A svantaggio di chi, invece, emerge chiaramente nell’ultimo capoverso: «L’esistenza di un’alternativa a Suez non riguarderebbe peraltro il solo Egitto, ma l’intero bacino mediterraneo, rafforzando il ruolo dei porti belgi, olandesi e tedeschi: la distanza tra i porti del Nord Europa e la Cina si riduce di circa un quarto passando lungo la “rotta artica”». Aggiungendo poi: «La riduzione del traffico attraverso Suez è stata stimata in due terzi dei volumi con una perdita potenziale di oltre 3,5 miliardi di dollari all’anno per il Cairo in termini di minori entrate. Al contempo, i porti del Nord Europa si troverebbero improvvisamente più “vicini” ai porti asiatici con il rischio di relegare il Mediterraneo a bacino marginale per gli scambi internazionali». Con una spaccatura nel cuore dell’Unione Europa in due metà su strategie e convenienze.
DALL’ARCHIVIO. Ecco alcuni fra i numerosi articoli pubblicati dalla Gazzetta Marittima sulla rotta artica e sul rischio di isolamento del Mediterraneo
- Rotta artica: no ai container, sì alle petroliere
- Cazzaniga Francesetti: navi sulla direttrice polare, i vantaggi e i problemi
- Maresca: O ci svegliamo o il Mediterraneo sarà messo ai margini, e noi con lui
- Perché il Mediterraneo rischia di diventare un “lago”
Ma gli ambientalisti protestano: è un ecosistema da difendere
C’è però dell’altro. Anche perché parliamo dell’Artico, un ecosistema-limite estremamente delicato. Ecco perché l’idea che la rotta artica possa essere vista come una sorta di “autostrada” via mare incontra l’altolà degli ecologisti riuniti nella “Clean Arctic Alliance”, un fronte composto da 24 organizzazioni no-profit – compresi Wwf e Greenpeace – che ha fatto della tutela dell’Artico la battaglia da sostenere di fronte ai governi ad agire per proteggere l’Artico, la sua fauna selvatica e la sua popolazione.
«L’Artico è già sotto grave stress: il mare si sta riscaldando e acidificando più rapidamente dello standard complessivo a causa del cambiamento climatico: l’invio di navi portacontainer attraverso l’Artico solleva molti segnali d’allarme», sottolinea l’alleanza delle organizzazioni pro-Artico. Certo, – si aggiunge – viaggi più brevi potrebbero portare a minori emissioni di CO2, ma «un incremento del trasporto marittimo nell’Artico porterà a un aumento delle conseguenze globali sul clima da parte del trasporto via nave a causa delle emissioni di “carbonio nero”, il particolato delle combustioni, che hanno un impatto sproporzionatamente maggiore quando sono emesse nell’Artico». Senza contare i contraccolpi sulla fauna selvatica e, di riflesso, sulle comunità che vivono delle risorse marine: dito puntato contro l’aumento dell’inquinamento originato dalle navi, «a cominciare dal rumore sottomarino in un oceano relativamente tranquillo, e dalla crescita del rischio di sversamenti di petrolio».
Anzi, gli ecologisti sottolineano che tutto quest’ottimismo sulla riduzione delle emissioni probabilmente è mal riposto: gli scafi saranno rinforzati per cavarsela con il ghiaccio, dunque meno performanti, e se poi ci fosse pure il rompighiaccio al seguito…
Insomma, in un contesto ambientale così delicato e estremo – questo l’argomentare dell’ “Alliance” salva-Artico – non ci si può solo affidare alle dinamiche spontanee dell’economia di mercato: chi vuole farlo lo fa. Macché, semmai prima di sviluppare una nuova rotta marittima al di sopra del circolo polare artico dev’essere indispensabile «effettuare una valutazione d’impatto e valutarla strategicamente per garantire l’adozione del massimo livello di protezione ambientale». Ad esempio, per qualunque nave operante sulla rotta artica deve essere obbligatoria il rinforzo per la navigazione in aree di mare ghiacciato, disporre di una certificazione relativa al Codice polare internazionale, dovrebbero essere usato nuovi combustibili a basse emissioni di carbonio nero e occorre prevedere strategie di riduzione del rumore.
Mauro Zucchelli