Lo stabilimento Pierburg sarà venduto «nella prima metà del 2026»
Fiom Cgil: l’ha detto il numero uno della capogruppo in una intervista tv

Ingresso stabilimento Pierburg Rheinmetall, via Salvatore Orlando
LIVORNO. «Sarà venduta nel primo o nel secondo trimestre del prossimo anno» la divisione Power Systems alla quale appartiene anche lo stabilimento Pierburg di Livorno: 245 addetti che realizzano pompe all’ex Motofides di via Salvatore Orlando. Massimo Braccini, segretario dei metalmeccanici Fiom Cgil di Livorno e Grosseto, si riferisce a una intervista rilasciata nei giorni scorsi al canale economico tedesco n-tv da Armin Papperger, amministratore delegato del gigante multinazionale Rheinmetall, che controlla la Pierburg.
È «l’unico elemento ufficiale emerso dopo mesi di incertezze e voci non confermate», dice il dirigente sindacale segnalando che, da un lato, l’azienda «annuncia piani strategici alla stampa tedesca» e, dall’altro, invece «a Livorno tutto resta fermo: nessuna comunicazione formale, nessun confronto attivato, nessuna certezza su chi acquisterà, con quali garanzie e secondo quali modalità».
Ad esempio, Braccini mette sul tavolo una questione: «A oggi, non è stato chiarito se la divisione sarà venduta in blocco o suddivisa tra più soggetti, né chi siano i potenziali acquirenti: si parla di fondi finanziari, ma nessuna conferma è arrivata da parte dell’azienda». Non basta: «Ancor più grave – queste le parole di Braccini – è l’assenza totale di informazioni su piani industriali, livelli occupazionali, investimenti e continuità produttiva».
Dal quartier generale dei metalmeccanici Cgil, si vede un «rischio concreto»: che questa cessione si traduca in un’«operazione puramente finanziaria, con impatti incerti anche per il sito di Livorno e il suo indotto».
Viene ricordato che i lavoratori di Pierburg hanno già approvato mesi fa un ordine del giorno in cui si chiede:
piena trasparenza sulle trattative in corso: garanzie per tutti i posti di lavoro, diretti e indiretti; tutela del sito di Livorno e delle competenze strategiche presenti;
clausole di stabilità per i prossimi anni: unitamente a «clausole anti-delocalizzazione<;
un tavolo istituzionale: al fine di presidiare la transizione societaria.
Braccini riformula a nome dei lavoratori queste richieste e dice che «il tempo delle attese è finito»: sono indispensabili «informazioni complete e verificabili», è urgente poter contare su «un tavolo istituzionale che metta insieme tutti i soggetti competenti, per affrontare con trasparenza il futuro dello stabilimento».
Il segretario della Fiom Cgil vede nel caso Pierburg «l’ennesimo esempio di un modello sbilanciato: le multinazionali decidono in autonomia mentre i territori devono solo subire». Non è però qualcosa che nasce ieri mattina: «Questo sistema – insiste – è stato alimentato da anni di politiche che hanno reso le imprese libere di dismettere, vendere o delocalizzare senza alcun vincolo sociale». Per Braccini è un «modello che va messo in discussione, perché produce solo precarietà, svuotamento industriale e sfiducia». Da tradurre così: la transizione industriale «non può avvenire sulle spalle dei lavoratori, senza un progetto pubblico, territoriale e partecipato».
In casa Fiom non ci stanno a vedere nella Pierburg solo una fabbrica: «È una comunità di lavoratrici e lavoratori, è una realtà produttiva strategica, è un pezzo della storia industriale livornese». Aggiungendo poi: «Continueremo a lottare affinché questa vicenda non venga gestita nell’ombra, ma affrontata alla luce del sole, con responsabilità e visione: ora servono risposte, serve trasparenza, servono garanzie».