I lavori per la maxi Darsena che verrà: pronti 450 metri di molo foraneo
La “cura del sovrappeso” per far spurgare l’acqua dal sottosuolo e consolidarlo

Il terreno della (futura) Darsena Europa fittamente punteggiato di dreni per drenare l”acqua dal sottosuolo e consolidare i piazzali
LIVORNO. Accipicchia, ma allora ci hanno lavorato davvero sodo: nel giro di qualche mese ha cambiato volto la Darsena Europa. È un colpo d’occhio più che una valutazione razionale: anche perché stiamo parlando di un parallelogramma che ha i lati lunghi 600 metri e quasi un chilometro e mezzo. Qualcosa che vale 27 volte piazza della Repubblica (che pure è una delle 25 piazze più grandi del Bel Paese oppure 17 volte lo stadio Armando Picchi, tribune e curve comprese: e senza essere ingegneri e senza le carte davanti agli occhi è difficile darne conto nel dettaglio.
Lo schema è semplice: questi futuri piazzali sono milioni di metri cubi non di rocce bensì di fango escavato dai fondali del porto in almeno vent’anni. Fango e melme: eppure adesso siamo qui sopra con una sarabanda di pulmini e auto, saremo una carovana da 70-80 tonnellate buon peso, da laggiù è appena passato un camion che peserà una quarantina di tonnellate. Il terreno si è consolidato: non è più pappetta ma in grado di sopportare grandi pesi. Per dire: per il “mestiere” che farà questo spazio rubato al mare i tecnici spiegano debba reggere minimo 9 tonnellate per metro quadro.
Cosa si fa per accelerare il consolidamento? Si tira via l’acqua dal sottosuolo. Come? Strizzando il terreno, e la metodologia è semplice: sul suolo si depone uno strato extra di tonnellate e tonnellate di materiale, “mammelloni” alti quasi cinque metri che ovviamente schiacciano verso il basso il suolo. Nel frattempo le profondità del terreno sono state “trivellate” creando buchi: lo schiacciamento fa risalire l’acqua attraverso questa sorta di “pozzi” e imbevono il materiale drenante con cui vengono riempiti. A quanto è dato sapere, questa compressione fa scendere d’una ottantina di centimetri il livello del suolo e lo rende sufficientemente compatto per accogliere un terminal. Tutt’attorno si vedono queste zone di sovraccarico e i i grandi rettangoli bucherellati dal drenaggio, un reticolo fitto fitto di centinaia di questi “pozzi di risalita” dell’acqua drenata.

La draga all’opera all’esterno delle vasche di colmata
A dire il vero, non dappertutto c’è questo strato extra: l’ingegner Enrico Pribaz, il numero uno dei tecnici dell’Authority, spiega che questo peso supplementare «coprirà 80mila metri quadri di terreno per volta, ogni cinque mesi viene spostato da una zona all’altra così da compattare il sottosuolo. «Ad oggi sono stati compattati primi 80mila metri quadi su una superficie che complessivamente è di 37 ettari. Obiettivo: completare tutto il consolidamento a giugno 2027».
Non è tutto qui, all’interno del recinto delle vecchie vasche di colmata. Fra le centinaia di cifre, indicazioni, sottolineature che l’ingegner Pribaz mette in lista l’una dopo l’altra, di fronte a un “maestro delle elencazioni” com’è notoriamente Salvini, figura anche il fatto che là in mare «ad oggi sono stati realizzati i primi 450 metri di molo foraneo: talmente recenti che non sembra di vederne traccia né nella cartografia web di Google (Earth o Maps che sia) né in quella della Regione Toscana (Geoscopio). Delimiteranno la ulteriore vasca di colmata da 15 ettari che è destinata ad accogliere i sedimenti escavati dai fondali per imbasare le nuove scogliere». In futuro dovrà essere consolidata perché è qui che arriveranno – in direttissima fino al terminal container – tanto la superstrada Fi-Pi-Li quanto i binari della linea ferroviaria da e per l’interporto.
In effetti, un centinaio di metri al largo del parallelogramma delle vecchie vasche di colmata, si sta operando con una draga sui fondali: c’è da ritagliare il perimetro di contenimento di una ulteriore vasca di colmata in cui infilare i fanghi escavati dai fondali: fino a una profondità di 17 metri nel cono d’accesso, meno 16 metri all’interno del bacino portuale (ma con le fondamenta di banchine e piazzali posti giù a meno 20 metri per eventuali ulteriori approfondimenti in futuro). Questo significa avere in mano 17 milioni di roba da portare via dai fondali marini, non è un scherzo: per contenere una tale montagna di sedimenti sono previste ulteriori vasche di colmata. Totale 130 ettari, pressoché il doppio di quelle esistenti finora (rendendo necessari altri 2,3 chilometri di dighe interne al porto).

Il cantiere della Darsena Eiropa: foto di gruppo di una rappresentanza di lavoratori
I tecnici dell’Authority ricordano che intanto il pool di imprese costituito da Società Italiana Dragaggi, Fincantieri Infrastructure Opere Marittime, Sales e Fincosit, si sta portando avanti: consolida la prima vasca di colmata (costruita undici anni fa e «oggi interamente livellata»).
Nel prossimo mese di marzo tutto il pacchetto dei monitoraggi ambientali verrà sottoposto all’esame del ministero dell’ambiente perché dia definitivamente semaforo verde. Da Palazzo Rosciano, sede dell’istituzione portuale, si ricorda che questo è un passaggio preliminare, una tappa obbligata prima di passare a «costruire il resto delle opere foranee e compiere le attività di dragaggio. Bisogna guardare parecchio verso ovest per capire dove saranno collocate le nuove dighe.
A chi gli chiede un parallelo con la grande opera infrastrutturale di Genova, anch’essa alle prese con la nuova diga foranea, Pribaz replica che lo stato dei fondali determina due problematiche contrapposte: a Livorno bisogna escavare il fondale perché è troppo basso e tutto ruota attorno alla soluzione di quel problema. A Genova no: lì c’è da fare i conti invece con il fatto che il bisogna andare a basare la diga magari a 40-50 metri.
L’identikit della nuova diga a protezione del porto che verrà è presto detta: la diga foranea esterna sarà lunga più di quattro chilometri e mezzo, in sottoflutto la nuova diga della Meloria al posto di quella attuale da demolire.
«Il lavoro ci consentirà di avere un piano finito dove il futuro concessionario potrà realizzare la pavimentazione e i piazzali operativi», è la sottolineatura di Pribaz. Ma l’ultima sottolineatura è per qualcosa che ha a che vedere con i limiti dell’oggi. Ai piedi della quattrocentesca Torre del Marzocco che domina la scena, c’è il canale d’accesso: il microtunnel ha consentito lo spostamento dei tubi della raffineria ma tutto è finalizzato a poter allargare il canale. Di quanto? L’ingegnere capo chiarisce che limando ben bene le sponde si può arrivare a una larghezza di 125 metri. Cosa si aspetta? «Siamo pronti a partire con l’intervento, – è la risposta di Pribaz – stiamo soltanto aspettando il parere di ottemperanza dal ministero dell’ambiente per l’esclusione dalla valutazione d’impatto ambientale (Via)».
M.Z.

Matteo Salvini è leader della Lega, vicepresidente del consiglio e ministro delle infrastrutture