C’è lo zampino di Pisa nel progetto che allunga la durata di una ricarica
Batterie di nuova generazione: grazie al silicio una rivoluzione per il settore
PISA. Il (doppio) problema in testa alla lista dei problemi delle auto elettriche è quello (quotidiano) dell’autonomia, cioè quanti chilometri si riescono a fare con un “pieno” di ricarica, in tandem con quello (a più lungo termine) del cosa fare delle batterie alla fine del loro ciclo di durata, cioè con quale facilità poterle sostituire e smaltire. La risposta può arrivare da un nuovo elettrodo al silicio per una nuova generazione di «batterie al litio più potenti, stabili e sostenibili». Fa ben sperare lo studio pubblicato sulla rivista “Nature Nanotechnology”: c’è lo zampino dell’università di Pisa, visto che nell’équipe di ricerca guidata da Xuekun Lu (Queen Mary University of London) c’è Antonio Bertei, che a Pisa è professore del Dipartimento di ingegneria civile e industriale.
Dal quartier generale dell’ateneo pisano spiegano così l’elemento-chiave dell’innovazione: «È un anodo a doppio strato con un alto contenuto di silicio, capace di immagazzinare molta più energia rispetto agli anodi tradizionali in grafite». Dietro c’è una novità: «Finora l’uso del silicio nelle batterie era stato limitato perché il materiale tende a espandersi durante la ricarica, causando rapida degradazione. Il nuovo design – viene fatto rilevare – consente invece di contenere queste deformazioni, mantenendo intatta la struttura interna e garantendo stabilità anche dopo numerosi cicli di carica e scarica».
Lo studio è andato avanti per più di due anni e mezzo: ha alle spalle il finanziamento di enti britannici come l’Engineering and Physical Sciences Research Council, la Faraday Institution e la Royal Academy of Engineering. È da dire che l’Università di Pisa è l’unico partner italiano insieme ad altri centri di eccellenza internazionali fra cui University College London, Università di Oxford, Manchester University, Imperial College London e la Beijing University of Technology. Il contributo dell’ateneo pisano ha riguardato «l’analisi dei dati elettrochimici e alla modellazione dei meccanismi di degradazione» e ha fornito «la base teorica per la comprensione del comportamento del materiale durante la ricarica».
«Questo risultato – è questo il filo rosso dell’argomentazione di Bertei – apre la strada ad un utilizzo massiccio ed economicamente fattibile del silicio nelle batterie al litio: molto di più di quanto si faccia attualmente». Per dirla in altri termini, a giudizio dello studioso pisano si può «aumentare la percentuale di silicio nelle batterie andando così ad aumentare significativamente l’autonomia dei veicoli elettrici, senza compromettere la durata della batteria. La soluzione da noi proposta è affidabile ma è necessario portarla ad una scala industriale, con test di durata più estesi, prima di poter essere commercializzata». Aggiungendo poi: «Il silicio può accumulare fino a dieci volte più energia della grafite, ma finora non era stato possibile utilizzarlo in modo stabile, mentre – continua – con questa architettura a doppio strato siamo riusciti a superare il limite principale, realizzando un elettrodo ad alte prestazioni e compatibile con i processi industriali».
La scoperta – si mette in risalto – continua il cammino di un percorso di ricerca già avviato da Bertei con il collega Marco Lagnoni: due anni fa avevano pubblicato su “Nature Communications” uno studio dedicato alla ricarica rapida delle batterie al litio.
«I due risultati – afferma Bertei – affrontano da prospettive complementari i principali limiti delle auto elettriche: l’autonomia e i tempi di ricarica. Insieme, rappresentano un passo decisivo verso batterie più efficienti, durature e sostenibili».











