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OPERAZIONE “BROKEN WALL”

Smascherato un colossale sistema di contrabbando (oltre 100 milioni di euro)

Soprattutto e-bike e abbigliamento nell’operazione di Finanza e Dogane

Operazione Broken Wall, perquisizione Dogane e Finanza

FIRENZE. Il trucco è abbastanza semplice: far finta che la merce stia semplicemente transitando dall’Italia e abbia come destinazione qualche altro Paese dell’Unione Europa: sarà lì che si pagherà l’Iva. Grazie a questa falsa attestazione se ne evita il pagamento in Italia perché appunto è solo un punto di passaggio della spedizione. Peccato che in questo caso fosse una bugia. Stiamo parlando di un grande flusso di merce  gestito da un sodalizio di cittadini di origini cinesi: soprattutto «grosse partite di e-bike (bici elettriche)» per i quali era stato dichiarato in dogana «un valore anche dieci volte inferiore a quello reale (a un prezzo tra i 50 e 110 euro cadauna, a meno di un decimo del valore di mercato)». Non solo: sequestrati «circa mezzo milione di capi di abbigliamento oggetto di contrabbando».

In realtà, contrariamente a quanto dichiarato, si fermava in Italia: e dunque la tassa non la pagava né nel Paese di (falsa) destinazione, perché non vi arrivava mai, né in Italia (paese di destinazione reale), perché ufficialmente non risultava come tale. Con una conseguenza immediata: essendo di fatto senza tassa da pagare, le merci potevano essere vendute a prezzi estremamente bassi. Perciò in nostro Paese ci rimetteva due volte: in termini di mancati incassi dell’Iva così come sotto il profilo di una concorrenza sleale ai danni dei commercianti che invece si comportano onestamente. Bisogna impedire che capitali illeciti inquinino le filiere legali, altrimenti – è stato sottolineato presentando l’esito delle indagini – si rischia che la competizione venga “drogata”.

È questo lo schema della frode il cui “muro” è stato “abbattuto” grazie all’operazione “Broken Wall” condotto dalla Guardia di Finanza in tandem con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Adm) di Firenze, con il coordinamento delle Procure Europee di Bologna e Torino (Eppo): è stata disarticolata «una rete criminale che per anni ha inquinato il mercato europeo con merci sottratte al pagamento dei diritti di confine», come tiene a sottolineare la nota ufficiale di Fiamme Gialle e Dogane. Sei le misure cautelari (due con custodia in carcere e quattro con obbligo di dimora), 19 milioni di euro di merce sotto sequestro: secondo le stime degli investigatori, ammonta «a circa 90 milioni di euro» la frode all’Iva scoperta dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Firenze e dai funzionari Adm grazie a una complessa indagine che ha portato ai provvedimenti emessi dal gip di Firenze.

L’ingranaggio della frode era costituito, da un lato, dall’«ingente quantitativo di merce» introdotta con questo trucco in Italia e, dall’altro, dall’abuso della cosiddetta “procedura 42”, che consente l’immissione in libera pratica in uno Stato membro senza versamento immediato dell’Iva, purché i beni siano destinati ad altro Paese comunitario, dove l’imposta deve essere corrisposta al momento dell’immissione in consumo.

Il trucco era semplice ma aveva bisogno anche di una copertura dal punto di vista dei documenti. Ecco che si utilizzava l’emissione di false fatture e documenti di trasporto (e il fatto di poter contare su soggetti compiacenti appartenenti ad altri Paesi europei. Come rendere più credibile questa triangolazione fittizia? La gang poteva avvalersi di «un deposito fiscale a Sesto Fiorentino e di una galassia di società, sia italiane sia estere, utilizzate come schermi». Attraverso la (fasulla) vendita ad altri operatori all’interno dell’Unione europea, le merci risultavano «destinate a clienti esteri che in realtà non esistevano o erano meri prestanome, mentre venivano introdotti sul mercato italiano in totale evasione d’imposta».

Il meccanismo era semplice ma non banale, anzi avevano pensato a schermarlo con una serie di espedienti ben studiati: Finanza e Dogane sottolineano che «l’indagine ha fatto emergere anche un abuso della cosiddetta “procedura 45”, relativa ai depositi Iva. Di cosa si tratta? Questo tipo di depositi serve a «custodire le merci in “sospensione d’imposta” fino alla vendita al cliente finale». Il gruppo puntava a coprire con tutto un incrocio di fatture e autofatture il destino reale di questo flusso di merci in “nero”.

«Anche in questo caso – dicono i protagonisti delle indagini su questo caso – il deposito di Sesto Fiorentino ha costituito un nodo centrale per occultare la reale destinazione delle merci». Dalle indagini è emerso che la rete poteva avvalersi di «altri soggetti, rappresentanti legali di società con sede in Bulgaria e Grecia e con interessi in diversi Paesi dell’Unione Europea».

Attraverso perquisizioni mirate si è acquisita «copiosa documentazione, anche di natura digitale»: quest’ultima, acquisita grazie all’intervento di personale qualificato del Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche della Guardia di Finanza, sarà «analizzata per completare la ricostruzione della filiera fraudolenta e individuare ogni ulteriore responsabilità».

I magistrati europei titolari dell’inchiesta hanno messo in moto gli ingranaggi della cooperazione internazionale sul fronte di polizia e dogane contando sugli organi “gemelli” presenti  in Germania, Polonia, Bulgaria, Spagna, Repubblica Ceca e Ungheria: si estendevano a questi Paesi le attività dei responsabili della frode. Ma gli accertamenti “sul campo” hanno consentito di scoprire che queste società, sparpagliate in mezza Europa, non avevano alle spalle effettive strutture imprenditoriali in grado di reggere la presa in carico di tali grandi quantitativi di merce movimentata. Si trattava di uffici “virtuali” e recapiti di comodo: servivano solo a schermare il sistema di frode individuato.

Mauro Intreccialagli Agenzia Dogane Ufficio Antifrode della Toscana

“Broken Wall” (letteralmente “muro infranto”) fa riferimento – lo spiegano dal quartier generale di Guardia di Finanza e Agenzia Dogane presentando il frutto di questo lungo lavoro d’indagine – deve il suo nome a questo “muro” di documentazione fittizia e false procedure con cui il sodalizio aveva tentato di proteggere il proprio sistema di frode. Con una sottolineatura: ci si è riusciti perché, «grazie alla regia della Procura Europea», si è coordinato il lavoro delle autorità italiane e di «quelle di Germania, Polonia, Bulgaria, Spagna, Repubblica Ceca e Ungheria, dimostrando come l’Europa, quando agisce come comunità coesa, possa contrastare efficacemente fenomeni criminali transnazionali».

Non è dunque solo lo smantellamento di un gruppo criminale: il valore strategico del presidio garantito dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Firenze sul territorio toscano – viene fatto rilevare – punta sull’azione combinata di intelligence economico-finanziaria, analisi dei rischi e controllo dei flussi di merci. In tale maniera si impedisce che «la distorsione creata dal sodalizio travolgesse settori cardine del tessuto produttivo regionale, dal distretto tessile-moda alla pelletteria, fino alla logistica». Finanza e Dogane insistono su quest’aspetto: «Il ripristino della concorrenza leale tutela l’imprenditoria onesta, salvaguarda l’occupazione qualificata e difende la reputazione del “fare impresa” toscano, fondato su qualità, tracciabilità e rispetto delle regole».

Pubblicato il
19 Novembre 2025

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