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La Riforma le delusioni l’obiettivo

GENOVA – Com’era prevedibile, adesso che la riforma della riforma sui porti è abortita, volano gli stracci e tutti accusano tutti. Di più: si scopre che il testo approvato dal Senato e finito ora al macero per la fine della legislatura – che molti avevano definito sprezzantemente “la riformina” – alla fine sarebbe stato meglio di niente.
[hidepost]Cosa della quale – per il poco che possiamo contare – non ci sembra accettabile. Meglio niente di quello che in molti del settore, compreso il presidente di Assoporti Luigi Merlo, avevano definito alla fine solo “un maquillage” della legge in vigore.
Volano gli stracci specialmente a Genova, capitale riconosciuta dello shipping italiano – se la cosa può essere, con questi lumi di luna, un titolo di merito – dove il senatore Luigi Grillo se l’è presa sul giornale locale con il Pd, con gli ambientalisti, con Francesco Nerli e con lo stesso Luigi Merlo; accusandoli di aver presentato troppi emendamenti al testo faticosamente concordato al Senato, tanto da mettere fine anche all’ultimo disperato tentativo di varare alla Camera lo stesso testo. Nerli ha mantenuto un disgustato silenzio. Merlo invece ha replicato botta su botta affermando che il mancato passaggio della riforma alla Camera è stato deciso perché non è arrivato in tempo (anzi: non è assolutamente arrivato) il richiesto parere della Ragioneria di Stato. Merlo ha anche ammesso che Assoporti ha presentato “emendamenti irrinunciabili”. Ma che alla fine senza questi emendamenti la riforma sarebbe stata una “riformicchia”. Della serie: su un tema di questa portata, sostenere che era meglio di niente è un nonsenso.
Nessuno, a questo punto, si strappa i capelli. Ma tutti sono consapevoli che se si vuole una vera riforma all’ormai vetusta e poco chiara legge 84/94, bisognerà lavorare sodo tagliando fuori tutti gli interventi di campanile che hanno condizionato anche i tentativi ultimi (per esempio, con conseguente aumento delle Autorità portuali quando tutti cercavano di ridurne il numero e varare il principio dei “sistemi”) e specialmente “insegnando” al prossimo governo che i porti sono un anello fondamentale di quella catena logistica di cui tutti parlano ma che nessun politico ha mai capito né supportato sul piano delle normative e dei programmi.
La riforma in sostanza non deve fare miracoli. Deve soltanto fare entrare i porti italiani, troppo a lungo rimasti nel passato, in un presente che consenta loro di essere competitivi.
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
29 Dicembre 2012

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