Un miracolo in attesa del secondo
CIVITAVECCHIA – Difficile non rimanere contagiati dall’entusiasmo “del fare”, dopo la grande ed emozionante cerimonia di venerdì scorso per l’inaugurazione della nuova darsena Sant’Egidio di Pasqualino Monti.
[hidepost]Difficile perché al di la delle parole – e ne sono state dette tante anche da autorevoli personaggi non abituati a “regalare” giudizi positivi – ci sono i fatti a dimostrare che l’Italia della burocrazia soffocante e “lentograda” può diventare l’Italia di un’opera pubblica – la prima banchina della darsena Sant’Egidio – completata con sei mesi di anticipo. Il giornalista del Corriere della Sera Gian Antonio Stella (autore del celeberrimo “La Casta”) ha scritto di “miracolo Civitavecchia”. Un po’ tutti, all’apertura della Due giorni del Mediterraneo di Civitavecchia – conclusasi sabato con la parte culturale e il bellissimo concerto di Ennio Morricone – hanno preferito parlare di “miracolo Monti”: ovvero di quanto ha saputo fare il giovanissimo presidente della Port Authority locale in meno di due anni di mandato. Lui si è schernito, chiamando a condividere la gloria tutte le istituzioni che hanno fatto il miracolo – questo si, inusuale nel nostro paese – di lavorare insieme e d’accordo sull’obiettivo dei porti di Roma malgrado le differenze politiche e le competenze spesso conflittuali. Della serie: se si toccano le corde giuste, e se si ha un progetto ma specialmente una giusta visione, l’Italia può ancora funzionare e sviluppare le sue eccellenze. Un dettaglio: Pasqualino Monti non ha dimenticato quanto fatto dai suoi predecessori e che si è trovato come solida base per il suo “miracolo”: ed ha voluto ringraziare l’ex presidente dell’Authority ed ex sindaco Gianni Moscherini, peraltro ricordato anche nell’intervento di Gianni Letta che con Moscherini si raccordò nel 2002 quando il progetto della grande avventura dei porti di Roma cominciò a coinvolgere – grazie alla vicepresidenza del consiglio Letta – in un accordo di programma ministeri e istituzioni locali.
Venerdì e sabato scorsi – come abbiamo anticipato nell’ultimo numero de “La Gazzetta Marittima” e come avevamo illustrato nel nostro Quaderno di maggio – si è potuto toccare con mano la trasformazione in corso di quello che fu un porto regionale – dedicato più che altro ai lenti traghetti con la Sardegna – in una realtà multifunzionale che punta senza mezzi termini a diventare il primo grande scalo del Mediterraneo: e non solo per le crociere (come del resto è già) ma anche per i containers (aree e banchine per 1,5 milioni di Teu entro due anni, fondali a 18 metri), per i ro/ro e i traghetti delle Autostrade del Mare (nove banchine, due già in fase di elettrificazione e con alimentazione delle navi a gas), per le grandi masse e infine per lo yachting, con un “marina” di grandi ambizioni. Nel suo intervento il presidente Pasqualino Monti ha ricordato che il suo porto ha l’esclusività di 5 milioni di metri quadri di aree retroportuali libere per la logistica e che “copre” uno dei mercati più importanti d’Italia. Ma c’è di più: come il progetto, già avviato, per fare di Fiumicino un porto commerciale in grado di accogliere le navi da crociera praticamente nel cuore di Roma, con tanto di escursioni nella città eterna via Tevere. Ne abbiamo scritto nel nostro Quaderno di maggio e se n’è riparlato a lungo.
E i soldi? In tempi di Stato ridotto al lumicino, di spending review che tagliano anche l’indispensabile e di porti che ottengono le briciole (70 milioni tra tutti gli scali dal ministero, una vergogna…) ai porti di Roma arrivano milioni di euro pubblici e privati in getto continuo. Che vuol dire? Certo, vuol dire che Pasqualino Monti è bravo, anzi bravissimo a convincere che sono soldi ben investiti. Ma vuol dire anche che su progetti validi e su idee chiare e senza complessi, i soldi saltano fuori. Vale il vecchio detto: per grandi progetti occorrono uomini che sappiano pensare in grande. Se poi sono anche giovani, anzi giovanissimi, tanto meglio. Sperando che il Nostro sappia fare così bene per tutti anche quando, tra poco più di una settimana, diventerà anche presidente di Assoporti, ovvero dell’intera portualità italiana. Un’altra sfida: ma se riuscirà a rivitalizzare l’Associazione e a toglierla dal “cul de sac” in cui s’era infilata con la gestione di Francesco Nerli, sarà il secondo miracolo Monti. Possiamo sperarci?
Antonio Fulvi
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