Crociere, di nuovo tutti contro tutti niente regia: ma quanto valgono?
Sembrano cadere nel vuoto gli appelli delle compagnie di razionalizzare l’offerta – Un compito per la nuova Autorità dei trasporti? La guerra tra Genova, La Spezia e Livorno
ROMA – L’auspicio di tutti è una politica di programmazione nazionale, che aiuti i porti, le istituzioni regionali e locali, gli stessi operatori, ad operare insieme per “distribuirsi” con criteri di sana economicità il crescente business delle crociere.
[hidepost]Lo hanno detto anche in occasione dell’Italian Cruise Day i principali relatori, ricordando che la guerra al massacro tra porti vicini non ha senso e procura solo danni.
Giusto: ma a chi spetta il ruolo di giudice e di coordinatore a livello nazionale, visto che da vent’anni almeno – cioè dalla nascita della legge 84/94 – lo Stato italiano e i suoi governi non sono stati nemmeno capaci di fare una classificazione dei porti in base alle loro caratteristiche e ai loro traffici? Nelle more dell’incontro di Livorno – peraltro disertato da alcuni dei principali esponenti delle istituzioni, non senza amarezza dei portavoce delle crociere – qualcuno ha richiamato la nuova Autorità dei Trasporti nominata dal governo Letta. C’è da aspettarsi che sia lo strumento decisivo per una politica di coordinamento? Sull’Autorità in questione ci sono state immediate divisioni strategiche: chi l’ha salutata con speranza (sindacati, politici in genere) chi l’ha bollata brutalmente come inutile (commissione infrastrutture e trasporti del Senato). Certo è che di Autorità di settore o di bacino siamo da tempo pieni, senza peraltro risultati eclatanti. Invece per le crociere occorrerebbe davvero un minimo di coordinamento: e come hanno detto alcuni degli esponenti delle principali compagnie di navigazione, visto che non ci sono risorse pubbliche infinite ma che le crociere vanno dove sono i migliori servizi, una concentrazione degli interventi in una parte dei 40 scali italiani che oggi si propongono è assolutamente necessaria.
Uscendo dal generale ed entrando nel particolare poi, ci si scontra con le guerre guerreggiate tra porti vicini: caso emblematico quello della guerra incrociata tra Genova, La Spezia e Livorno. Gli spezzini sono entrati a gamba tesa nel business delle crociere con molto pragmatismo e con una certa disinvoltura commerciale che naturalmente ha messo in crisi genovesi e livornesi, di reazioni più lente. Forcieri di La Spezia è stato accusato anche di aver utilizzato per far concorrenza sulle crociere strutture pubbliche come le banchine dell’Arsenale militare, concesse gratuitamente. Accusa rimandata al mittente perché l’Arsenale a sua volta è impegnato a trovare sbocchi commerciali, viste le ristrettezze del bilancio della Marina. Livorno a sua volta sta affrontando, non senza scontri interni, il passaggio voluto dalla Port Authority di Gallanti della privatizzazione della “Porto 2000”, con la nomina di un advisor sui valori. E la vicenda infiamma la politica, anche se sul porto c’è chi ricorda che il conclamato business delle crociere a Livorno lascia al porto poco più di 5 milioni di euro l’anno, assai meno del traffico dei forestali che però sembra godere di assai meno impegno. E via così polemicamente e con poco spirito costruttivo, in quella che appare come sempre più che altro una guerra di pollai.
A.F.
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