Una direttiva ministeriale sull’Autorità dei Trasporti
ROMA – L’Autorità Regolazione Trasporti ha “messo il naso” anche sui criteri di assegnazione delle concessioni nei porti. E sta scatenando un putiferio di proteste, alle quali lo stesso ministro delle infrastrutture e trasporti sembra dovrà mettere un punto fermo. Anzi, un pò tutti i settori della logistica nazionale si stanno appellando a Delrio perché intervenga: con una direttiva ministeriale che potrebbe – si spera – finalmente regolare le pretese dei regolatori. Nell’incontro a Civitavecchia con le associazioni di categoria – c’è stato un lungo colloquio anche con Confetra – Delrio si è impegnato.
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Secondo una nota firmata oltre che da Confetra anche da altre associazioni (la riportiamo qui sotto integralmente) alla fine la logistica in italia rischia di avere più “regolatori” – le tante Agenzie speciali che se ne occupano – che non aziende e lavoro. Agenzie – o Autorità – che spesso si sovrappongono e creano ulteriori difficoltà, nuove incertezze e oneri. Con l’ulteriore assurdo infatti che i costi delle cosiddette Agenzie di Regolazione ricadono sui “regolati” mentre logica vorrebbe che facendo parte dell’apparato dello Stato le Agenzie dovrebbero essere pagate dalla fiscalità pubblica, che già è nettamente più alta che negli altri paesi concorrenti. Gira una voce – e la raccogliamo sperando però che sia una Fake News – secondo la quale l’AR (Agenzia Regolazione Trasporti) vorrebbe dalle imprese regolate la bellezza di 19 milioni di euro l’anno. Che sommati a tutti gli altri oneri porterebbero il carico fiscale sulle aziende oltre il 50% dei ricavi. Da qui la rivolta e l’appello al ministro.
Allargando il raggio del problema, non si può non criticare la proliferazione tutta italiana delle Agenzie di Regolazione, che sulla base di un principio UE teoricamente valido – regolamentare con una autorità neutrale i rapporti tra lo Stato e le imprese – ha generato una pletora di regolatori, tutti alla caccia di finanziamenti per poter operare: e tutti impegnati a trovare i soggetti finanziamenti alle spalle dei regolati, invece che – come detto – nella fiscalità dello Stato. L’argomento è complesso, impegna l’applicazione dei 42 codici Ateco, e ci ha messo del suo anche la lunga attesa – ancora non risolta – del Regolamento delle concessioni, che il governo aveva alla fine varato ma che è stato bocciato dal Consiglio di Stato, lasciando il tema sospeso in un vuoto legislativo che ognuno regola come crede. Piccola curiosità: nel Consiglio di Stato opera il dottor Mastandrea, che faceva parte dell’ufficio legislativo del ministero prima che il suo incarico scadesse. Passato al Consiglio di Stato, il dottor Mastandrea dovrebbe conoscere bene l’esigenza del Codice: la bocciatura, alla quale probabilmente ha contribuito, evidentemente ha messo in luce carenze dell’elaborato che forse potevano – o potrebbero – essere rapidamente sanate. Di regolamenti e codici nati male e finiti peggio ne abbiamo peraltro anche altri dolorosi esempi, compreso il Codice degli appalti, per il quale vale il detto “più lo conosci, più lo eviti”. Ammesso che sia possibile.
Antonio Fulvi
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