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I cambiamenti climatici e le crisi alimentari

Nella foto: Le Bujagali Falls da cui nasce il Nilo sul lago Vittoria.

KAMPALA – Meno alimentazione, meno produttività, meno sviluppo: i cambiamenti climatici minacciano le aree rurali dei paesi più poveri. Un nuovo studio realizzato con il contributo della Fondazione CMCC mostra gli impatti di una mancata azione per il clima sull’offerta di lavoro nel ventunesimo secolo e come i responsabili decisionali dovrebbero agire oggi per attuare in tempo politiche che ostacolino questa tendenza.

Sappiamo che i cambiamenti climatici influiscono sulla quantità e sulla qualità della produzione alimentare nel mondo, riducendo la disponibilità di cibo e l’assunzione di nutrienti. Nei paesi in via di sviluppo, dove il settore agricolo domina l’economia, gli impatti dei cambiamenti climatici sulla filiera agricola ostacoleranno in modo sostanziale la crescita economica e il benessere delle comunità locali.

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Un recente studio realizzato con il contributo dei ricercatori della Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici analizza il caso dell’Uganda, un paese dell’Africa subsahariana già alle prese con il problema della malnutrizione e suscettibile agli effetti dei cambiamenti climatici, dove circa l’80% della popolazione dipende dall’agricoltura irrigata dall’acqua piovana per il proprio sostentamento. L’analisi fa luce sull’importante – ma ancora poco studiato – legame tra cambiamenti climatici e offerta di lavoro, passando per il consumo alimentare.

Utilizzando i dati longitudinali derivanti da interviste svolte in Uganda, combinati con dati climatici ad alta risoluzione, lo studio esamina empiricamente sia l’effetto diretto degli shock climatici sull’offerta di lavoro settimanale (definita come il numero di ore lavorate a settimana per persona) che il loro effetto indiretto, attraverso la variazione delle assunzioni dietetiche dovute a un ambiente più caldo.

“Per la prima volta abbiamo fornito prove empiriche che collegano i cambiamenti climatici, l’alimentazione e l’offerta di lavoro”, spiega Shouro Dasgupta, ricercatore presso la Fondazione CMCC e RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment (EIEE). “Sappiamo che i cambiamenti climatici avranno un impatto sull’alimentazione, e che questa svolge un ruolo chiave nel miglioramento della produttività e nella crescita economica, in particolare in quelle regioni in cui la forza lavoro è costituita principalmente da individui poco qualificati e denutriti. Il nostro studio dimostra che, all’aumentare della temperatura, inizialmente l’offerta di lavoro settimanale aumenta: in un ambiente mite, le persone possono lavorare più ore alla settimana. Ma questo vale solo fino al raggiungimento di una temperatura media settimanale di 21,3 °C. Oltre tale soglia, il numero di ore lavorate per persona diminuisce”.

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Pubblicato il
18 Aprile 2020

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