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Porti europei e reti TEN-T quali prospettive d’integrazione?

La comparazione tra le previsioni dei traffici e le capacità d’offerta dei porti al 2030 – Utili suggerimenti anche in vista del Piano nazionale della Logistica italiano – La logica della difesa dei nostri traffici

Nereo Marcucci

Il presidente di Assologistica Paolo Nereo Marcucci ha elaborato sulla portualità europea la seguente serie di riflessioni.

MILANO – Lo scorso 19 giugno, su mandato della DG MOVE della Commissione Europea, si è conclusa la prima fase di una ricerca sulle prospettive di integrazione tra i porti dell’UE  e le reti TEN-T con orizzonte 2030.

Comparando le previsioni di traffico e  la capacità di offerta dei porti del continente al 2030 la ricerca conclude che,  salvo che per UK, Irlanda e Arco Atlantico,  vi sarà equilibrio tra domanda ed offerta di infrastrutture portuali considerando in quest’ultima anche quella aggiuntiva dei piani di espansione dei 40 porti comunitari che rappresenteranno il “core network “continentale.

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Il core network sarà destinatario di finanziamenti, peraltro al momento scarsissimi,  che saranno integrati con apposite inziative fiscali che sono allo studio.

Quel documento non è la Bibbia ma rappresenta un orientamento di prima razionalizzazione utile anche per il redigendo Piano Nazionale della Logistica, per una riflessione di tutti gli interessati o, almeno,  un indice di  suggerimenti utili, primo tra i quali quello di puntare  sull’ottimizzazione delle risorse portuali ed interne gia esistenti.

Suggerimento che mi pare ben si adatti a Paesi che hanno  scarsissime risorse pubbliche, forti tensioni ambientali,  propensione per le cattedrali nel deserto e per l’overcapacity (vedi interporti).

Una stima elaborata da Assologistica  calcola che dai 4.5 milioni di teus movimentati in imp/exp  nel 2009, dei quali il 25% vuoti (gli altri per arrivare ai 10 delle statistiche ufficiali sono movimentati dai porti di transhipment) passeremo agli 11-12 milioni di teus nel 2030 assumendo un tasso di incremento del PIL del 2% e quindi un incremento del traffico del 3,5% annuo.

L’ambizione – peraltro condivisa – di servire mercati transalpini nel Sud ed Est Europa è subordinata a vari fattori di mercato,  infrastrutturali e di evoluzione delle nostre ferrovie. La crescita dei volumi di transhipment dipende dalle scelte dei vettori che in ogni caso non vogliono subire i costi della deviazione dalla rotta ottimale Suez-Gibilterra.

Il futuro di breve-medio periodo suggerisce di coltivare tutte le nostre giuste ambizioni ma di difendere ciò che abbiamo, cioè i volumi destinati al mercato locale ed il transhipment.

Sommando gli interventi annunciati dai vari presidenti di Autorità Portuale avremmo, in un futuro peraltro non definito ed al netto dei 10 milioni di teus ipotizzati dal Bruco genovese, una capacità di 27 milioni di teus., tanto da legittimare una ironica (e condivisa) osservazione del presidente dell’Autorità Portuale di Genova Luigi Merlo circa le sorprese che ci riserverebbe una puntuale analisi dell’offerta nazionale di infrastrutture portuali esistente ed in corso di realizzazione.

Personalmente ho pronunciato in Assoporti la frase della “fantasia al potere” in un contesto nel quale ho chiesto, ancora una volta,  due interventi del ministro di riferimento: un atto di indirizzo che tenga conto della realtà che ho descritto e che non mi permetto di giudicare ma solo di esporre, di puntare a soluzione software piuttosto che hardware rimuovendo, ad esempio, alcune delle ragioni per le quali 1.5 milioni di teus sbarcano nei porti del Nord Europa pur essendo destinati al nostro Paese.

Solo per restare a quello dei cinque esempi che ho riferito nell’Assemblea di Assoporti credo che sarebbe di più immediato vantaggio per il sistema portuale e logistico sostenere con l’Agenzia delle Dogane l’approvazione, a distanza di otto anni,  della regolamentazione dello sportello unico doganale che, efficentando il sistema e riducendo i costi ed i tempi di consegna, diminuirebbe le (molte e diverse)  motivazioni che portano i nostri operatori ad usare porti alternativi a quelli nazionali.

Paolo Nereo Marcucci

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Pubblicato il
13 Ottobre 2010

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