E se chiudono i rubinetti delle quote…
LIVORNO – Parliamo chiaro, perché “accà nisciuno è fesso” come dicono a Napoli: la politica c’entra e come nella rivolta in Assoporti contro Francesco Nerli. Al quale nemmeno gli avversari oggi più accaniti disconoscono le capacità personali, l’intelligenza e anche l’esperienza
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Il problema, si sostiene tra i “ribelli”, è che Nerli ha chiuso ogni relazione possibile con il governo, in un momento in cui sarebbe stato invece indispensabile stare tutti i giorni spalla a spalla con i ministri, sia per la riforma della 84/94, sia per la politica generale sulle infrastrutture, sia per il piano della logistica. Nerli invece ha attaccato il governo, ha sparato addosso a Matteoli, che notoriamente è un vendicativo. Ed ha chiuso, a se stesso e ad Assoporti, ogni possibilità di farsi anche solo ascoltare dall’esecutivo. Forse sperava che Berlusconi venisse “tritato” dai Bunga Bunga e il governo cadesse. Per ora gli è andata male. Ed è invece decollata la rivolta, che si alimenta anche con dettagli (lo strapotere del segretario generale, per esempio, che a differenza del predecessore Robba – il quale sapeva stare al proprio posto – vorrebbe mettere in riga anche i presidenti dei porti) e coinvolge anche la gestione finanziaria.
E il vil danaro potrebbe anche diventare uno degli strumenti della battaglia. Dal bilancio di Assoporti, che è stato presentato con un deficit di circa 30 mila euro, mancheranno quest’anno i 70 mila di Trieste – la Monassi l’ha già detto – i circa 60 mila di Napoli (autosospeso, quindi non paga), e probabilmente quote altrettanto significative di Civitavecchia, Ancona, Catania e altri scali isolani. Ce n’è abbastanza per mettere in crisi un’associazione che ha spese da multinazionale, compreso il recente (e contestatissimo) contratto con l’Ansa per le notizie che – a detta dei contestatori – l’Ansa stessa deve fornire gratuitamente per statuto. E la critica sulle spese, addirittura in crescita, risulterebbe facile a chi, nei porti, si è visto arrivare dal governo tagli in alcuni casi “drammatici”, mentre Assoporti vuole di più. Insomma, i motivi della guerra sono tanti. E non è detto che non se ne aggiungano prossimamente altri.
Antonio Fulvi
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