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Perchè l’India ci schiaffeggia sui marò

ROMA – I marò del San Marco – i nostri marines – Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, proditoriamente imprigionati in India dopo il “tranello” teso alla nave che difendevano dai pirati, sono stati trasferiti dal carcere di Trivandum alla “foresteria” di Kochi in attesa del contestato giudizio della corte indiana. Un trasferimento, come hanno accettato di dichiarare le autorità indiane, “nello spirito della convenzione di Ginevra per i militari prigionieri”.

E’ stata l’unica concessione, che non attenua le infamanti accuse di assassinio di pescatori e di associazione a delinquere con le quali il tribunale indiano intende processare i due. E il governo italiano continua ad apparire impotente, nei fatti, a contrastare un’opinione pubblica indiana decisamente surriscaldata sulla vicenda, malgrado gli stessi pescatori superstiti dell’episodio contestato abbiano abbassato molto i toni.

A chi si sta chiedendo in questi giorni il perché di questo accanimento dell’India contro i nostri militari anti-pirateria, può apparire illuminante un giudizio apparso sull’ultimo numero della “Rivista Marittima” (il mensile ufficiale della Marina Militare) a firma di Come Carpentier de Gourgon, direttore di World Affairs di New Delhi ed acuto analista dei rapporti internazionali.

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Pubblicato in inglese all’inizio di marzo, il testo analizza i giudizi espressi dai media indiani, che si sono scagliati sull’evento “indignati alla bellicosità e dal disprezzo per la vita indigena da parte degli occidentali”. Un caso che sta tornando a vantaggio della sempre più decisa idiosincrasia Indiana – scrive de Gourgon – nei confronti della NATO e dei paesi aderenti, tra cui l’Italia, per le pressioni che stanno esercitando sull’India perchè appoggi lo “strangolamento” dell’Iran. Un Iran che molta parte dell’India vede come un paese del terzo mondo attaccato dall’occidente che vuole stabilirvi il suo predominio, alla caccia delle ricchezze petrolifere e di gas.

“Il cittadino medio indiano – scrive testualmente de Gourgon – è consapevole che i “goras” (bianchi) hanno molto da offfrire; ma che in generale sono pervasi da una smoderata brama guerrafondaia di potere e ricchezza così come dall’ardente zelo di diffondere il proprio stile di vita e le proprie religioni – siano esse di matrice cristiana, secolare, atea o consumistica – a tutte le regioni del globo presumibilmente meno fortunate”.

In questa analisi generale, l’Italia non è certo molto ben considerata. “L’Italia si configura come uno stato nazionale unificato in epoca relativamente recente – scrive ancora il rapporto da New Delhi – balcanizzato e lottizzato da secoli, in maniera non dissimile da quanto occorso a stati colonizzati in altri continenti. L’Italia (omissis) gode di un permanente capitale di simpatia per storia, cultura e bellezze naturali; ma nel bene e nel male in questa parte del globo si pensa ancora che l’Italia sia il terzo mondo dell’Europa”.
Un’Europa che nelle ultime vicende della crisi monetaria non sta facendo certo una bella figura con le sue divisioni e la sua impotenza economica, specie nei paesi del BRIC cui l’India appartiene. Ed è considerata di fatto un servo degli Usa, con la Nato che a sua volta è uno strumento squalificato della potenza imperialistica americana.

“Pertanto agli occhi degli indiani – conclude la relazione da New Delhi – il prestigio dell’Europa non è stato mai così basso negli ultimi decenni. Il continente è percepito da molti come un ancor prospero parco giochi vacanziero, privo di un’effettiva indipendenza, impantanato in conflitti sociali, a corto di dinamismo e avviato verso un futuro irto di difficoltà”.

Chiudiamo questa citazione chiedendoci se Latorre e Girone, a questo punto, non siano vittime inconsapevoli di un gioco di potenze ben più in alto di loro. E che, vista la scarsa simpatia e considerazione degli indiani per la Nato e gli stessi Usa, cercare di affidarsi alla loro mediazione internazionale – come sta facendo la nostra diplomazia – non sia un errore che rischia di costar caro proprio ai due inconsapevoli marò.

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
30 Maggio 2012

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