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Riforma e Guardia Costiera: ancor meglio definiti i ruoli

Una nota del Comando Generale per la nuova formulazione dell’art. 3 del decreto – La sicurezza ma anche l’Ambiente e i vari regimi sulla pesca e sui titoli professionali del mare

Dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia costiera, riceviamo la seguente cortese ed esaustiva nota che chiarisce alcuni aspetti giuridici e funzionali del Corpo che la lettura dell’art. 3 della Riforma Portuale aveva aperto a dubbi interpretativi.

Vincenzo Melone

ROMA – Gentile Direttore, l’articolo apparso lo scorso 7 settembre su “La Gazzetta Marittima”, dal titolo “In Gazzetta Ufficiale ecco la riforma (ma restano sul vago alcuni tempi)”, reca alcuni spunti di analisi sul provvedimento di riforma della legislazione portuale, pubblicato il 31 agosto (decreto legislativo 4 agosto 2016, n.169, recante “Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n.84”).
In merito, si ritiene di offrire il proprio mirato contributo di pensiero all’interrogativo suscitato dalla riformulazione dell’articolo 3 del decreto legislativo, che apporta modifiche all’art. 3 della legge 28 gennaio 1994, n. 84.
[hidepost]Dalle espressioni che lo commentano, parrebbe, infatti, evincersi che il non aver menzionato la dipendenza del Corpo dalla Marina Militare e delle Capitanerie di porto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti abbia ingenerato qualche perplessità.
Sul punto, è opportuno osservare, preliminarmente, come la nuova formulazione dell’articolo 3, in coerenza con l’impianto generale della riforma, abbia operato una innovazione naturale del precetto preesistente, sulla base delle novità intervenute e contenute in norme di rango primario – ovvero in richiami espressi, previsti dalla legge -, adeguando la struttura della legislazione di settore alle previsioni più moderne ed operando un coordinamento, per una migliore intelligibilità.
Quanto alla dipendenza del Corpo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si sottolinea che:
• la connotazione funzionale del Corpo è già consacrata dal codice della navigazione nonché da diverse leggi speciali, quali, ad esempio, quelle in materia di sicurezza della navigazione e del trasporto marittimo e di controllo del traffico marittimo;
• l’art. 3, nell’aggiornare il quadro normativo vigente e, in particolare, richiamando il provvedimento di organizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 febbraio 2014, n. 72 – opera un rinvio al più attuale quadro delle attribuzioni proprie del Comando generale, quale vertice dell’organizzazione territoriale del Corpo cui è affidata la direzione tecnica delle funzioni assegnate dalla legge, con ciò affermando inequivocabilmente il vincolo funzionale ed organizzativo che lega le Capitanerie di porto al MIT.
Inoltre, l’articolo 3 della legge n. 84/94, nella sua versione originaria, richiamava la titolarità della funzione di sicurezza della navigazione esercitata, a livello centrale, dal Comando generale, quale funzione propria del MIT affidata – già allora – all’esercizio tecnico del Comando generale delle Capitanerie di porto.
Con riferimento, invece, alla dipendenza funzionale delle Capitanerie di porto dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per le materie di rispettiva competenza, si precisa come:
• l’art. 3, nella sua versione originaria, già prevedeva il regime di avvalimento del Corpo dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;
• la precisazione del regime di dipendenza funzionale dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, per la materia della pesca, trova presupposto in intervenute norme di rango legislativo che ne consacrano un saldo legame istituzionale.
Del resto, sulla disciplina della pesca è noto come incidano aspetti legati anche al regime amministrativo della navigazione – in termini di ammissione ed abilitazione delle unità da pesca e di regime dei titoli professionali degli equipaggi. A tali profili si lega la rilevanza – anche per le economie dei territory – assunta dai porti con destinazione peschereccia, pure citati nella legislazione portuale, nonché altri aspetti comunque connessi a diversi profili funzionali del MIT, affidati al Corpo, caratterizzati da un nesso di stretta contiguità e complementarietà.
Per quanto precede, uno dei pregi della novella legislativa riteniamo sia stata l’introduzione, in un unico precetto, di un momento organizzativo, espressione e sintesi di un proficuo coordinamento tra pubbliche amministrazioni, collocato nel quadro delle attribuzioni del Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera che costituiscono esercizio di una importante espressione della “funzione marittima” assicurata al Paese, segnatamente nel settore dedicato agli usi civili e produttivi del mare.
Quanto, infine, all’appartenenza del Corpo alla Marina Militare, circoscritta a profili di stato giuridico, avanzamento del personale e ad esercizio, in regime di concorso, di talune funzioni militari – espressamente citate dall’articolo 132 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n.66 -, si rappresenta come la predetta appaia estranea alla materia trattata, o comunque richiamata dalla legge di riforma portuale, che non reca alcun riferimento alla disciplina relativa alla sicurezza militare dello Stato, per affrontare i temi riferiti alla disciplina del settore marittimo-portuale, con più diretto riferimento al modello di governance degli scali.
Tanto si rappresenta, a titolo di contributo di pensiero, con l’intento di offrire ai lettori ed alla redazione utili spunti di analisi, per le più ampie valutazioni sui temi che riguardano, per gli aspetti trattati, il Corpo delle capitanerie di porto, rimanendo a disposizione per ogni produttivo confronto e chiarimento al riguardo.

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Pubblicato il
17 Settembre 2016

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