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Alcune possibili cause di sinistri sui traghetti

Il lettore Felice Magarelli interviene spesso con note e commenti incentrati sui temi delle operazioni portuali e della navigazione. Ecco un suo commento che arriva anche a proposito del recente incendio su un ro/car in Atlantico.

GENOVA – Le problematiche connesse alle operazioni di carico delle merci e al loro idoneo stivaggio, con lo scopo di prevenire sinistri e situazioni di pericolo per le vite umane, vanno acquisendo sempre maggiore rilievo nell’ambito del trasporto marittimo, grazie soprattutto ad una crescente attenzione ai temi della sicurezza.

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La lunga lista d’incidenti che nel corso degli anni ha interessato questa tipologia di naviglio (traghetto), ha indotto diversi esperti del settore a pronunciarsi sull’argomento.

In particolare, un autorevole studioso della materia trasportistica, il professor Sergio Bologna, profondo conoscitore delle dinamiche legate al mondo dello shipping, sostiene che una cattiva gestione di queste unità unitamente all’inosservanza di alcune regole nello svolgimento delle operazioni portuali, potrebbe generare una situazione di potenziale pericolo.

Inoltre in questo settore si incrociano due microcosmi lavorativi scarsamente propensi al corretto rispetto di certe prassi: quello dell’autotrasporto e quello marittimo-portuale.

Occorre segnalare che i traghetti su cui vengono trasportati sia passeggeri che merci (ro-pax), o anche solo merci (ro/ro), contemplano sempre al loro interno la presenza di veicoli.

Secondo il professor Bologna, gli incidenti più ricorrenti si verificherebbero quando questi veicoli, soprattutto quelli pesanti come i camion, non venendo adeguatamente “rizzati” (affrancati con le rizze) al pavimento della stiva, in caso di condizioni marine avverse, spostandosi, determinerebbero il rovesciamento della nave.

Altre motivazioni potrebbero risiedere nella difettosa chiusura del portellone del traghetto o nella fittizia dichiarazione sul tipo di materiale trasportato sui rotabili (es.merce pericolosa dichiarata come normale).

Nella prima circostanza, la nave imbarcando acqua potrebbe affondare, nella seconda ipotesi, la merce pericolosa, come nel caso delle sostanze infiammabili, falsamente dichiarata, potrebbe provocare incendi ed esplosioni.

Risulta quindi evidente come in presenza di tali rischi, si renda altresì necessaria una scrupolosa e puntuale differenziazione di compiti tra lavoratori marittimi e operatori portuali, secondo quelle che sono appunto le rispettive competenze e professionalità.

Tuttavia al riguardo esistono pareri discordanti.

Da tempo infatti, in italia e in europa, molte compagnie di navigazione si ostinano ad operare in regime di “autoproduzione”, avvalendosi cioè della possibilità (in alcuni casi legittima), di non impiegare mano d’opera portuale sostituendola con il personale di bordo, con il palese intento di risparmiare sui relativi costi portuali.

Alcuni osservatori intravedono però nell’utilizzo di questa pratica un pericoloso deterrente per il fattore sicurezza, asserendo che una delle cause principali della maggior parte dei sinistri sarebbe ascrivibile proprio alla deregolamentazione del lavoro.

Le organizzazioni sindacali, ad esempio, affermano che gli equipaggi già numericamente ridotti e sottoposti a stress psico fisico, non possano farsi carico di lavoro aggiuntivo, pertanto ritengono che durante la sosta in porto, debbano occuparsi solo della manutenzione della nave e del controllo dei passeggeri e della merce, affidando alla mano d’opera portuale specializzata, le complesse operazioni di rizzaggio e derizzaggio dei carichi.

A mio avviso, pur prescindendo dalle diverse posizioni tra le parti, ciò che emerge negativamente è che, nonostante la grande quantità di norme applicabili in termini di sicurezza dei trasporti in generale, si faccia ancora troppa fatica a svincolarsi da una logica per la quale, gli interessi economici di pochi prevalgono sempre sul diritto alla salute e sicurezza di tanti, in antitesi con quello che invece dovrebbe essere l’indiscutibile primato dell’uomo sul profitto.

Felice Magarelli

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Pubblicato il
18 Maggio 2019

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