L’ANGOLO (del) MARITTIMISTA – Le Port Authority sono imprese ai fini della normativa antitrust

Luca Brandimarte
Il nostro collaboratore dottor Luca Brandimarte, junior advisor for EU and legal affairs anche in Assarmatori, affronta oggi il tema riguardante lw Port Authority sulla normativa antitrust.
ROMA – Affrontiamo oggi un altro tema “caldo” per il mondo portuale: le Autorità di Sistema Portuale (“AdSP”) possono rientrare nella definizione di impresa ai fini della normativa antitrust?
Per la prima volta, la giustizia di merito nostrana ha recentemente riconosciuto l’orientamento già affermato a livello eurounitario sulla funzione di impresa attribuita alle AdSP.
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Ma andiamo con ordine.
Ad inizio 2019, la Commissione europea ha espresso il proprio parere a proposito delle AdSP, considerandole soggetti attivi in termini di attività d’impresa e, di conseguenza, identificandole come soggetti obbligati a pagare le tasse sulle attività economiche svolte.
Ecco che, in questo contesto, è intervenuta per la prima volta la giurisprudenza italiana pronunciandosi a sostegno della tesi di Bruxelles.
Segnatamente, il Tribunale di Genova – in una causa avente ad oggetto il ricorso presentato da un terminalista che riteneva di essere stato discriminato da un’AdSP italiana, mediante una condotta tale da alterare ingiustificatamente la concorrenza del porto di riferimento, in quanto erano stati realizzati da quest’ultima interventi infrastrutturali a vantaggio di un altro concessionario concorrente – ha riconosciuto come, rispetto all’attività di concessione di aree demaniali dietro corrispettivo, tale AdSP debba essere considerata “impresa” ai fini della normativa antitrust.
Fino a tale pronunciamento, infatti, persisteva in dottrina e giurisprudenza il dato formale dettato dalla normativa nazionale vigente in materia portuale (i.e. Legge n. 84/94) secondo il quale, essendo le AdSP enti pubblici non economici, esse avrebbero soltanto funzioni regolatorie e non potrebbero svolgere attività d’impresa.
Sebbene la giurisprudenza di legittimità si fosse già pronunciata, seppur con riferimento a fattispecie diverse rispetto a quella che ci occupa, riconoscendo la natura di impresa ad enti pubblici dotati personalità giuridica rispetto a determinate attività rese in favore di terzi, tali precedenti non erano ancora stati presi in considerazione, né applicati, in ambito portuale. Ed è esattamente ciò che ha fatto il Tribunale di Genova in questo caso prendendo tali pronunciamenti in esame al fine di evidenziare che, in ambito eurounitario, il concetto d’impresa, a prescindere dallo status giuridico e dalle modalità di finanziamento, comprende qualsiasi ente/entità che effettua un’attività di tipo economico.
In sostanza, quindi, secondo tale tesi, la caratteristica propria della nozione di impresa si identificherebbe nell’esercizio continuo ed organizzato sul mercato rilevante di un’attività di tipo economico. Il tutto rendendo quindi irrilevante, sotto il profilo strettamente formale, la natura giuridica dell’ente/entità che svolge l’attività economica e considerando la nozione di impresa come un concetto di carattere maggiormente economico che giuridico.
A ciò si aggiunga altresì quello che parrebbe essere un costante orientamento della Commissione europea secondo il quale le AdSP svolgono attività economica e quindi possono essere qualificate come imprese. Ciò in quanto, sempre secondo la predetta Commissione: (i) lo sfruttamento commerciale di infrastrutture portuali e la costruzione di simili infrastrutture per fini commerciali costituiscono attività economiche; (ii) il rilascio di concessioni e/o autorizzazioni ad imprese (tendenzialmente private) per l’uso di un bene dietro il pagamento di un canone costituisce attività economica.
Ecco allora spiegati i motivi che hanno indotto il giudice di prime cure a ritenere che un’AdSP sia impresa – tra le altre cose operante in regime di monopolio – ai fini della normativa antitrust nazionale (Vds. Legge n. 287/1990) rispetto alle attività di concessione dietro corrispettivo di tali aree.
Va da sé quindi come questa sentenza possa rappresentare uno strumento ulteriore per i terminalisti concessionari per tutelare le proprie posizioni a fronte di condotte delle singole Autorità ritenute potenzialmente lesive della concorrenza.
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