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Quella “neverending story” dei terreni di Collesalvetti

FIRENZE – Alle “neverending story” in campo giudiziario dovremmo essere ormai abituati. Eppure quella che ha compiuto un altro passo proprio nei giorni scorsi alla corte d’appello di Firenze, sulla vicenda dell’acquisto da parte dell’Autorità Portuale di Livorno alcuni terreni a Collesalvetti con i fondi europei per le Autostrade del Mare, travalica ogni esempio. È una causa che si trascina da ben 12 anni ed ha passato tutti i gradi di giudizio, con sentenze alternate di condanna e di assoluzione. La corte d’appello ha tenuto la camera di consiglio l’11 febbraio scorso.

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Contraddizioni della giustizia, i vari gradi con diverse sentenze? In questo caso, i giudizi contrastanti tra tribunale penale livornese, corte d’appello e persino Cassazione vanno letti in chiave positiva: nel senso che non c’è una “casta” di giudici a propria tutela, ma che ogni grado di giudizio affronta il problema cercando di sviscerare i fatti indipendentemente dal giudizio precedente. Una garanzia in più di giustizia, anche se rimane il problema – davvero pesante per gli imputati – dei tempi.

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Veniamo al fatto: la corte d’appello di Firenze, seconda sezione civile, nella causa dell’Autorità Portuale di Livorno contro Aldo Beccani, Alberto Vitarelli, Roberto Del Ghianda, Immobiliare Montefiori, Roberto Canessa ed Elisabetta Lorini, in 28 pagine di considerazioni ed analisi conclude con la condanna di Roberto Canessa, in parziale accoglimento della domanda risarcitoria, a pagare all’Autorità Portuale 3 milioni e 651 mila euro.

Conclude invece con la non condanna di Aldo Beccani, Roberto Del Ghianda, Alberti Vitarelli e immobiliare Montefiori, che sono quindi del tutto assolti. Canessa è anche condannato a pagare le spese legali in favore dell’Autorità portuale e del tribunale: e viene condannata altresì l’Autorità portuale a pagare le spese legali a favore degli assolti Aldo Beccani, Roberto Del Ghianda, Alberto Vitarelli e immobiliare Montefiori.

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Ovvio che gli assolti (nella sentenza non si parla dei due imputati Roberto Canessa e Elisabetta Lorini, dichiarati contumaci) si sono tolti un bel peso: specialmente dopo 12 anni di calvario. Anni che hanno anche prodotto la decadenza dei termini in campo penale: e anche su questo ci sarebbe da commentare. Ma va detto comunque che si è trattato – e si tratta – di una causa complessa, condotta attraverso montagne di perizie, di confronti, di corsi e ricorsi. E c’è di peggio: l’attuale sentenza della corte d’appello deriva da un rinvio alla stessa – in sede civile – da parte della Cassazione, dove erano arrivati i tre gradi precedenti, sempre con l’assoluzione (dopo la condanna in primo grado) di quasi tutti gli imputati, a partire dal commercialista Roberto del Ghianda. Quest’ultimo, assistito dall’avvocato del foro di Pisa Antonio Dini, era stato coinvolto perché gli era stata chiesta una perizia – senza peraltro esprimere valutazioni economiche – sull’acquisto dei terreni. Perché il ritorno della causa dalla Cassazione alla corte d’appello? Perché la stessa Cassazione aveva giudicato inaccettabile la precedente sentenza d’appello.

Un ginepraio che potrebbe continuare ancora: perché l’Autorità Poruale, condannata insieme a Canessa, potrebbe a sua volta tornare in Cassazione, e così lo stesso Canessa. E chissà quanti anni ancora passerebbero. Ineccepibile ma per il normale cittadini è come chiedersi: l’Italia del diritto, ma qualche volta anche del rovescio.

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
25 Aprile 2020

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