Fermo pesca, sos dagli operatori nel faccia a faccia in Regione Toscana
«Il prolungamento ha messo al tappeto un intero settore»

FIRENZE. Il ministero dell’agricoltura ha adottato un decreto con cui è stato deciso il prolungamento del fermo delle attività di pesca, e questo ha creato seri problemi agli operatori del settore ittico toscano. Sonia Barchielli, direttore della Cooperativa labronica Motopescherecci e del Mercato etico di Livorno, spiega che all’origine del fermo comunicato dal provvedimento ministeriale ci sono calcoli ministeriali in base ai quali «erano già finite le giornate di pesca a disposizione» degli operatori locali e dunque, secondo il provvedimento dell’Unione europea, «le barche dovevano per forza fermarsi».
A Firenze, nella sede della giunta regionale a Palazzo Strozzi Sacrati, gli operatori del settore hanno avuto un incontro al quale erano presenti il sottosegretario alla Presidenza della Regione Bernard Dika e, fra gli altri, i rappresentanti delle principali sigle sindacali del comparto, fra i quali Francesco Ceccanti (Uila Toscana), Andrea Bartoli (Federagripesca), Niccolò Cartorillo (Flai Cgil) e Massimiliano Gori (Flai Cisl Toscana).
Per l’esponente della coop labronica non si riesce a capire da dove sia nata questa problematica e, in particolare, se nel calcolo fatto proprio dal ministero abbia pesato «l’inserimento delle giornate di pesca fatte da barche di altre regioni che hanno licenze particolari e che quindi hanno causato un aumento del plafond delle giornate utilizzate». Resta il fatto che, com’è stato denunciato dagli operatori toscani, «tutto il settore si è trovato dall’oggi al domani a dover fare non un mese, ma due mesi di fermo pesca obbligatorio, che è diventato veramente problematico non solo per le barche, per gli armatori che hanno dovuto pagare i marinai, che avevano già effettuato nel periodo di fermo tradizionale la manutenzione delle imbarcazioni e quant’altro, ma soprattutto anche per i mercati toscani che utilizzano solo prodotto locale, quindi un prodotto d’eccellenza».
«La Regione conosce le difficoltà vissute negli ultimi mesi dalle aziende del settore – è la risposta di Dika – e lavora assieme a tutti gli operatori per valutare quali possono essere i margini di intervento in una situazione che non dipende da scelte dirette della Regione Toscana». Come dire: non abbiamo responsabilità dirette d’intervento ma «non possiamo certo girarci all’altra parte», è in gioco «la sostenibilità di aziende importanti per il nostro territorio, e non vogliamo lasciare sole».
Danilo Di Loreto, responsabile regionale per Coldiretti Toscana per la pesca e l’acquacoltura, chiede ora «soluzioni alternative che permettano ai pescatori di sopravvivere: il prolungamento di un mese del fermo pesca ha danneggiato gli operatori e tutta la filiera». È facile da capire: ci sono aziende che all’improvviso e senza che fosse prevedibile hanno dovuto restare ferme per un mese in più, e questo con tutte le conseguenze che questo comporta: le spese fisse, quelle regolari, mensili sono sempre le stesse e non sono diminuite». Sull’altro piatto della bilancia non sono arrivate le entrate per le vendite: ecco perché c’è «adesso un problema contingente di forte crisi da parte delle imprese».
Tutto questo – afferma Di Loreto – non riguarda unicamente i 400 addetti diretti del settore pesca: coinvolge un numero di persone che va moltiplicato per 7 o 8, quanti sono i lavoratori che operano in tutta la filiera. Si tratta di circa 3.000 famiglie che vengono danneggiate». In mancanza di indennizzi o ristori – che non sono previsti dall’attuale “Feampa”, il Fondo europeo per una pesca e un’acquacoltura sostenibili “può intervenire attraverso forme di sostegno concreto e in questo senso abbiamo riscontrato un forte impegno della Regione a sperimentare soluzioni alternative».











